Opinioni

Il direttore risponde. Doveri, sostanza della dignità

martedì 6 settembre 2011
Caro direttore, vorrei tornare sull’odiosa piaga dell’evasione fiscale e sull’"ammirazione" popolare, della quale godono i furbetti e furboni che la mettono in atto. Come sappiamo dal dettato costituzionale e come ci ha ricordato recentemente il cardinal Bagnasco, oltre a essere illegale, è anche contro ogni regola basilare dal punto di vista etico. Non so se ci sia la volontà seria di combatterla, visto che, secondo me, dovremmo partire da un altro assunto: i diritti e i doveri. Oggi dobbiamo sempre di più vederci di fronte italiani con le due bisacce socratiche: davanti quella dei diritti e dietro quella dei doveri. Un esempio che riguarda ciò di cui ho scritto sopra: gli evasori si sentono legittimati, perché i servizi pubblici non funzionano e alcuni pubblici impiegati, funzionari e dirigenti si sentono legittimati a lavorare a volte poco e a volte con sciatteria e poco senso di responsabilità, perché ci sono quelli che evadono le tasse. Diciamocelo francamente! Quello appena citato è uno degli aspetti della cronica mancanza di senso civico di – ahinoi – troppi italiani! Per strada, se non ci sono le forze dell’ordine e gli autovelox, ci sentiamo legittimati a fare quel che ci pare. E via con tanti altri esempi di mancanza di rispetto dei doveri, anch’essi costituzionali. Proporrei quindi una campagna continua e quasi martellante contro l’evasione dai doveri di cittadino, più che limitarsi a quella fiscale, che è uno degli aspetti peggiori.

Mario Natalucci, Fermo

Mi piace, caro signor Natalucci, l’idea di una «campagna continua» per far capire che non si possono e non si devono evadere i felici e seri «doveri di cittadinanza» che toccano a ognuno di noi. Quei doveri che, assieme ai diritti fondamentali, danno sostanza alla nostra dignità di persone che fanno parte di una comunità. Penso che il modo per sviluppare una campagna di questo tipo passi anche attraverso qualche forma di comunicazione a effetto (ovvero per spot e slogan) e, magari, finalmente, per la realizzazione di quell’insegnamento scolastico dell’«educazione civica» spesso evocato e mai realizzato. Ma, soprattutto, penso che debba basarsi oggi più che mai, in ogni ambito di vita, sulla proposta ai più giovani di esempi positivi. Cioè sulla trasmissione serena, lucida e "forte" da parte degli adulti di valori, informazioni ed esperienze costruttive e sulla valorizzazione piena di ciò che tanti giovani (mai abbastanza raccontati) sanno dimostrare – con generosità, slancio e civismo, per così dire, naturale – alle generazioni precedenti. Non tutto è bullismo, sballo e pura e semplice maleducazione, grazie a Dio… Non si tratta di pensieri per così dire autoconsolatori, ma di ciò che ho avuto, e ancora ho, la possibilità di sperimentare nella mia stessa vita personale e di lavoro, in situazioni che – tra l’altro – raccontiamo ogni volta che possiamo su Avvenire. Tutto questo rafforza la convinzione che la "sfida educativa" – l’impegno esigente che la Chiesa italiana si è data per i prossimi dieci anni e che ha proposto a tutti i soggetti responsabili della nostra società – rappresenti una fase indispensabile di quella che lei, caro amico, chiama «campagna continua» per l’avvio di una nuova e sensata stagione dei diritti e dei doveri. Certo, è un’occasione davvero preziosa e utile. E, per tutti, è una sveglia potente e incalzante, viste le ritornanti insidie del tempo che ci è dato di vivere.

Marco Tarquinio