Opinioni

Nuove prospettive. Turismo spaziale per pochi, gli altri con i piedi per terra

Giuseppe Matarazzo sabato 14 settembre 2024

Il lancio del missile SpaceX Falcon avvio della missione Polaris Dawn

«Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l'umanità». Neil Armstrong, mettendo piede sul suolo lunare, il 20 luglio del 1969, pronunciò questa frase epica, rimasta scolpita nella mente di chi c’era, delle generazioni che si sono succedute fino a noi e sicuramente di quelle che seguiranno. Il primo uomo sulla luna. Un giorno memorabile. Il 12 settembre scorso, il miliardario americano Jared Isaacman insieme a Sarah Gillis, ingegnere di punta di Space X, il prodigio tecnologico di Elon Musk, con la missione Polaris Dawn, sono stati i primi cittadini privati a passeggiare in orbita, in un viaggio di cinque giorni, segnando un altro obiettivo sul fronte del turismo spaziale: quindici minuti affacciati sull’universo per vedere la Terra da 700 chilometri di distanza, 300 in più della Stazione spaziale internazionale. Il commento di Isaacman è stato più semplicemente: «Bellissimo». Un sogno che si realizza. Un grande passo per lui. Per loro. Ma per l’umanità? Che passo è, questo, per il nostro mondo che resta ai loro piedi, lontano, così bello da ammirare da lassù ma sempre più segnato da emergenze climatiche, energetiche e umanitarie?

Di turismo spaziale si parla da anni, non è questo il primo “passo”, non è il primo viaggio e non sarà di certo l’ultimo. Anzi. Gli investimenti di imprenditori “visionari” sono pazzeschi, con l’obiettivo di arrivare a dei veri e propri hotel orbitanti, e basta pagare – da alcune centinaia di migliaia di dollari o euro a qualche milione (ma come tutto, man mano che il mercato crescerà, magari ci saranno promozioni e offerte) – per volare con un razzo e vedere le stelle da vicino. Isaacman e Gillis hanno fatto di più, al momento: hanno anche passeggiato fuori dalla navetta Crew Dragon come se fossero sulla spiaggia di sera, ma senza lasciare le loro orme sulla sabbia. (Quasi) come gli astronauti, ma senza esserlo. Provando anche le nuove tute spaziali disegnate dall'azienda di Musk, testando nello spazio le comunicazioni laser di Starlink per l'Internet globale e ottenere informazioni utili per i prossimi viaggi sulla Luna e su Marte a cui punta l’eccentrico imprenditore: se i primi «atterraggi andranno bene, i primi voli con equipaggio su Marte avverranno tra 4 anni», ha scritto Musk in un post su X. «Il tasso di volo crescerà esponenzialmente - ha aggiunto - con l’obiettivo di costruire una città autosufficiente in circa 20 anni». Certo. Ma a quale prezzo? E per chi? Davvero dobbiamo viaggiare così lontano per poterci godere la nostra amata Terra? Davvero riusciremo così - mandando turisti su Marte o sulla Luna - a risolvere il problema dell’overtourism che tanto affligge le città più belle del pianeta? Certo che no. Non c’è neanche questo pensiero gentile, dietro il capriccio esclusivo di pochi fortunati che possono permettersi di bruciare centinaia di migliaia di dollari per pochi minuti (di gloria?). Non mancano i fumetti, i cartoni animati e i film che ci fanno immaginare una vita spaziale, sognanti o apocalittici. Da Star Trek a Interstellar. In quest’ultimo, presentato nel 2014 e ambientato in un futuro distopico (2067), c’è un gruppo di astronauti in viaggio fino ai confini dello spazio alla ricerca di un nuovo pianeta da colonizzare per salvare l’umanità.

La realtà sta superando la fantasia. Ma il turismo spaziale dei nostri tempi non è, appunto, per uno scopo “salvifico”. No, è solo il piacere di andare oltre tutto e tutti. E che tutto si può ottenere, pagando. Eppure (come insegnava saggiamente un celebre spot di un circuito di credito, che di soldi se ne intende) ci sono cose che non si possono comprare. Dopo che si è arrivati fin lassù, come si potrà sognare guardando le stelle? Di cosa ci si potrà mai meravigliare? Viene in mente lo stupore di Ciàula (che) scopre la Luna in una novella del 1912 di Luigi Pirandello. Il minatore che emerge dalle viscere della terra si sorprende di quel faro nel cielo di notte: «Eccola, eccola là, eccola là, la luna. C’era la luna! La luna! E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, della valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, né si sentiva più stanco, nella notte ora piena del suo stupore». Ecco, ci sono cose che dovrebbero restare nell’orbita della meraviglia, dello stupore, del sogno appunto. Il turismo spaziale non è solo una provocazione economica e ambientale (lo spreco di energia è immenso), ma è anche l’evaporazione di un sogno. Dopo essere stati a spasso per l’universo, con quali occhi, Isaacman e Gillis, guarderanno la luna e le stelle? Forse si può fare un turismo esperienziale, sostenibile e fantastico anche restando con i piedi per terra. E sognare di fronte alla meraviglia del Firmamento.