Caro direttore, sabato scorso, 2 aprile, abbiamo celebrato la nona Giornata Mondiale per la consapevolezza dell’Autismo e venerdì mattina ho seguito alcune trasmissioni televisive riguardo a questo disturbo del comportamento, grave o meno, che colpisce parecchie persone nel mondo. Io sono madre di un figlio adulto autistico prossimo ai 48 anni, diagnosticato tanti anni fa all’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, di gravità media, per il quale è stata consigliata, da parte della psichiatra che l’aveva preso in cura, una terapia farmacologica che continua ancora oggi con le opportune varianti. È ospite residenziale di una Comunità protetta, distante più di tre ore di viaggio dalla città di Ascoli Piceno in cui noi genitori viviamo. Provo grande amarezza nel costatare che, raramente, si parla e si scrive degli adulti autistici, non autosufficienti, con scarso linguaggio verbale, minime potenzialità e, a volte, pure aggressivi verso le persone e l’ambiente. I genitori non sono “eterni” e devono pensare al “durante noi” e al “dopo di noi”; cercare le migliori soluzioni, per rendere la loro vita degna d’essere vissuta. Solo un accenno è stato fatto da un esperto presente nello studio televisivo di Rai1 nel programma “Storie vere”. Va bene parlare di autistici “sapienti” che sono musicisti, parlano, scrivono e ottengono pure una laurea, ma degli altri più sfortunati, cosa si dice e soprattutto che cosa si fa? Tante buone idee, ma pochi fatti concreti. So che esistono, nel territorio nazionale, comunità agricole specifiche per l’integrazione dei giovani autistici che sembrano le più adatte per le loro capacità ed esigenze, ma sono ancora poche e con rette elevate. La legge del “dopo di noi”, che è stata approvata per ora dal Senato, potrebbe diventare buona se qualche grande Associazione, che si prende cura dei disabili, creasse Case protette per loro e possibilmente vicine ai familiari che invecchiano e non sono più in grado di fare lunghi viaggi per andare a trovarli. Io spero contro ogni speranza che si possa realizzare questa proposta. Ma verrà l’“anno santo” che ci porterà conforto e serenità? Con stima la saluto, la ringrazio per l’attenzione e le chiedo una preghiera che per noi cristiani è una grande forza.
Adriana Verardi Savorelli Ascoli Piceno
Le assicuro la mia povera preghiera, cara signora, e le confermo l’attenzione al gran tema del “durante noi” e del “dopo di noi” che non mettiamo mai tra parentesi. (mt) FEDE E IMMIGRATI: LE NOVITÀ DI QUESTA PASQUA Gentile direttore, ho provato sincera commozione nel leggere la lettera del signor Crea di Chieti su “Avvenire” dell’1 aprile. Ed è per «continuare a dirci» che le vie del Signore sono infinite, che desidero aggiungere la mia testimonianza. Nella mia piccola parrocchia di una piccola diocesi, questo è il quarto anno consecutivo che, la notte di Pasqua, ricevono i sacramenti dell’iniziazione cristiana persone straniere (adulti, ragazzi, bambini). Ed è ormai da diverso tempo che persone straniere, soprattutto giovani africani, sostano alla porta della “mia” Chiesa la mattina, prima della Messa quotidiana. Ho fatto esperienza anch’io di una crescita nella fede grazie a questi incontri. Ma c’è di più: il Signore mi ha aperto gli occhi e mi fa vedere in questo la Sua opera («Che stia per cominciare la ri-evangelizzazione dei nostri Paesi occidentali attraverso i fratelli migranti?», si chiedeva il signor Crea). Non ha senso opporsi a Lui. Credo che la Chiesa sia chiamata a leggere la realtà con gli occhi della fede, semplicemente, doverosamente, con l’immensa gioia che ne scaturisce. La fede è rivoluzionaria (ha ribadito papa Francesco al Convegno di Firenze), ed è semplicemente da qui, dallo sguardo redento e misericordioso rivolto agli altri (soprattutto ai più poveri e miseri) che potrà rinascere l’umanità! E questo sarà ben più che “notiziabile”!
Stefania Manganelli Busseto (Pr)
DOPO LE UNIONI CIVILI COME DIFENDERE LA FAMIGLIA? Gentile direttore, il miglior commento alla legge sulle unioni civili è racchiuso in una vignetta comparsa alcuni giorni fa. «È passata la fiducia... Anche a me». In questi giorni non ho potuto non rivivere il tempo nel quale, con il presidente della mia cooperativa (la prima cooperativa sociale in Italia, primato che ha fatto di lui il padre delle cooperative sociali) percorrevamo il nostro territorio per difendere i valori della famiglia in contrasto con la legge sul divorzio. Allora ci accusavano di essere insensibili ai casi gravi per i quali soltanto quella legge era prevista. Fummo profeti di sventura inascoltati visto che ora si è arrivati al divorzio breve e anzi molti neanche pensano di dar vita a un’unione attraverso il matrimonio. Poi venne la legge sull’aborto. E fummo di nuovo tacciati di insensibilità ai casi gravi per i quali la legge, come sostenevano i suoi fautori sapendo di mentire, era prevista. Abbiamo visto quanto si sia allargata quella fessura. Ed ora eccoci alla legge sulle unioni civili. E noi affermiamo che questa sciagurata legge porrà fine alla distinzione tra la famiglia fondata dal matrimonio tra una donna e un uomo e una qualsiasi altra unione civile che a esso verrà equiparata. E si arriverà a riconoscere a queste unioni il diritto della adozione dei figli, in barba allo stralcio della
stepchild adoption deciso in Senato. In molti abbiamo trovato sconcertante che il presidente (e cattolico?) Renzi abbia parlato con «grande orgoglio» di «vittoria dell’amore». E altrettanto sconcerto ha prodotto il ministro Alfano per il quale questo voto, dopo lo stralcio di cui si diceva, è stato una «grande vittoria»… Non so come dovrà essere portata avanti ora la battaglia a difesa della famiglia naturale e costituzionale fondata sul matrimonio; mi auguro solo che non venga trascurato quel «ci ricorderemo» scandito dal popolo del Circo Massimo, che dovrà essere preso in considerazione quando torneremo alle urne. Per la terza volta in Italia, valori irrinunciabili dell’umanità non sono stati adeguatamente difesi da coloro che ci rappresentano. Scusi lo sfogo, ma – oltre alla preghiera – per ora non mi rimane altro.
Gualtiero Comini Salò (Bs)