Donne e famiglia, riferimenti cruciali per una società che si risollevi
Gentile direttore,
ho letto su “Avvenire” dell’11dicembre sia l’intervista al professor Alessandro Rosina relativa all’inverno demografico che incombe, sia l’articolo sulla proposta di patto educativo per l’area metropolitana di Napoli. Mi ricollego agli articoli 29, 30 e 31 della nostra Costituzione. Progressisti o conservatori, di sinistra, di centro, di destra, è su questo preciso testo – nella sua lettera e nel suo spirito – che giurano ancora oggi a 75 anni di distanza i nostri responsabili istituzionali: dal Presidente della Repubblica al Sindaco del nostro più piccolo Comune. Se siamo giunti alla prospettiva di un raggelante inverno demografico, a un vuoto educativo che riempie le carceri minorili, all’espatrio di tanti nostri giovani, vuol dire che qualcosa, dopo tanti giuramenti, è mancato. Se il Paese si sta svuotando, vuol dire che il mandato ricevuto dai nostri padri e madri costituenti è stato in qualche modo eluso. All’alba della nostra democrazia, quegli uomini e quelle donne erano gente seria, non venivano da una passeggiata in mezzo ai campi fioriti, sapevano che la libertà, il lavoro, la famiglia avevano dei confini e dei significati precisi, a tutela di questi valori e del nostro Paese. Alle donne napoletane di cui al secondo articolo – ma il discorso vale ovviamente per tutta l’Italia – che lottano per la loro famiglia, spetterebbe qualcosa di più di un eventuale Reddito di cittadinanza. Meritano un equo compenso, per giustizia e non per carità, sia pure di Stato. Se i tempi, i costi, le modalità sembrano troppo impegnative, forse sarebbe bene valutare quelli ben più alti causati dal non fare nulla. E chissà che anche Napoli, come tutte le altre nostre città, non inizi a trovare un po’ di pace.
Mi piace e mi convince, gentile amico, la sua convinzione limpida e schietta del legame forte che c’è tra un domani che non sia fuga e la fedeltà agli ideali e ai princìpi che abbiamo scolpito nel patto costituzionale e che, prima ancora, hanno dato slancio alla costruzione della nostra democrazia e allo sviluppo impetuoso e non sempre saggio della nostra comunità nazionale. E penso anch’io che alle donne e alla famiglia spetti oggi più che mai un ruolo cruciale e ricostruttivo. Le une sono protagoniste essenziali di ogni storia generativa. E l’altra è la privilegiata culla della vita e il “luogo” della formazione alla relazione collaborativa con l’altro ovvero del possibile e necessario primo antidoto alla retorica e alla vertigine individualista dell’«ognun per sé». Tutti abbiamo da dire e dare – e nessuno può mettersi al rimorchio – per uscire dall’inverno (non solo demografico) che ci raggela, isola e indurisce. Ma lei, caro signor Parodi, vede bene quando sottolinea il compito speciale delle donne e della famiglia nella grande ricostruzione a cui siamo chiamati qui in Italia e in Europa, e non solo per noi stessi, ma in una società globale che deve finalmente cominciare a parlare una stessa, solida lingua sui fondamentali dell’esistenza, sul suo valore, sulla personale eppure comune responsabilità verso noi stessi e verso il creato. Le difficoltà che lei elenca sono evidenti e gli stereotipi e i calcoli fuorvianti sempre in agguato, ma la rotta essenziale è chiara. Certo, sulle modalità possiamo e dobbiamo confrontarci con serietà, ma per decidere e fare, non per lasciar correre. Non si può continuare a sragionare, a sprecare vita e ideali, a far fuggire via e a respingere i più giovani che consideriamo di troppo e troppo scomodi, come se il mondo che abbiamo fatto sinora sia ormai abbastanza grande per badare a se stesso… Dio lo sa, ma anche noi, che non lo è.