Una civiltà (non solo) cristiana. Domenica riposo
La Messa della domenica sta per diventare il presidio della differenza fra umani e robottini? La dimostrazione, fisica e metafisica, che ci sono ancora umani in città? «Noi cristiani andiamo a Messa la domenica per incontrare il Signore risorto, o meglio per lasciarci incontrare da Lui». Che bellezza sentirlo di nuovo dire in questo modo. L’incontro! Non il debito, l’adempimento, il precetto, il bollino identitario, la conta dei cattolici. Tutto il testo dell’udienza generale di Francesco ieri, con linguaggio semplice e diretto, focalizza l’Eucaristia e la domenica su questo tema: il tempo e il luogo dell’incontro con il Signore, che ci fa rimanere umani. Il Signore risorto, vivente, il nostro fratello Gesù, che si fa trovare dietro l’uscio di casa. (E se anche devi fare qualche passo in più, non ti lagnare: si va per incontrare il Signore nel suo corpo proprio, ti rendi conto? Quello che incantava teneramente le anime perse e ammoniva ruvidamente quelli che se le erano perse e non gli importava nulla. Ecco, Lui).
L’incontro con il Signore presidia la soglia della custodia dell’umana creatura, favorendo – direttamente o indirettamente – l’incontro fra tutti quelli che cercano di fare tesoro di un tempo e di un luogo condivisi (non scaglionati come le partenze intelligenti) dove possiamo scambiarci il piacere di riconoscersi umani. E famigliari all’umano.
«Fu il senso cristiano del vivere da figli e non da schiavi, animato dall’Eucaristia, a fare della domenica – quasi universalmente – il giorno del riposo», ha sintetizzato efficacemente il Papa. La domenica del Signore è amica del popolo dei resistenti umani, che presidiano l’umanesimo degli affetti, difendendolo dalle liturgie dei profitti. È il popolo di coloro che vogliono rimanere umani, senza consegnarsi alla penosa difesa dello "sballo" (che anestetizza il senso di aridità per un istante e ti riempie di buchi per una vita). È un popolo "misto", certo, nessuno è perfetto (Agostino diceva, della stessa Chiesa, che era un popolo "permixtum": ossia, un po’ bravi ragazzi e un po’ non esattamente… e a turni alterni). Dunque ci sono i fratelli e le sorelle del Signore, la cui generosità servizievole tiene in piedi la liturgia dell’incontro. Ma ci sono anche i compagni di strada che ci mettono il naso ogni tanto, come Zaccheo. E pure quelli che passano oltre, ma intuiscono che senza la domenica dei cristiani anche il loro tempo libero sarà implacabilmente occupato dai reclutatori di schiavi. Vogliamo forse abbandonare questo popolo a se stesso?
O vogliamo provare a fare di tutto per far coincidere, nella libera comunità della festa, l’incontro con il Signore e la liberazione dalla schiavitù? L’ultima volta che abbiamo sperimentato, con stupita e compiaciuta euforia, che cosa può fare la limitazione delle ossessioni utilitaristiche, per l’intera comunità, è stato il tempo delle 'domeniche senz’auto', ricordate? Ci parlavamo, ci sorridevamo, e c’era spirito di famiglia anche fra gli sconosciuti, in città. Pensate se la domenica dell’incontro con il Signore Risorto fosse capace di irradiare la sensazione di rinascere – e di risorgere – come esseri umani (persino senza macchina!). In ogni caso, dice il Papa, è così che è nata la civiltà della domenica.