Il direttore. Dolore e morte (a comando) di Britt: le scorciatoie e gli abissi del disumano
Gentile direttore,
leggendo l’articolo su Brittany Maynard, l’americana che prenota la sua fine, sono rimasto colpito di come, in un successivo confronto con le persone a me vicine, diverse di loro condividessero la scelta della sorella (nel dolore) americana. Molti si dicono cattolici, credenti e praticanti. Che la Chiesa – "popolo", in primis – vada riformata lo dice da tempo papa Francesco. E io non lo ripeto con presunzione poiché, con sforzo quotidiano e spesso in malo modo, cerco di riformare me stesso. Ecco, io facevo presente che la vita non ce la siamo data, ci siamo trovati a esistere e è quindi dono. Che in situazioni di fine vita le persone vanno accompagnate umanamente, quando ’ necessario con protocolli medici di cure palliative (che esistono e funzionano!). Che aprire le porte a queste disumane scorciatoie (la morte assistita come già l’aborto e il divorzio, viene proposta e si afferma grazie alla manipolazione di casi pietosi) apre scenari inizialmente inimmaginabili ai più, come nel caso dell’eutanasia ai minori in Belgio. Ma le scorciatoie fanno sicuramente comodo. Servono, ad esempio, in un mondo di anziani e malati che più non producono ricchezza, ma che sono solo una "spesa" per gli stati indebitati. Chiedo di riflettere su una frase pronunciata dall’ Americana: «Sto morendo e sto scegliendo di soffrire di meno». Questa frase a pensarci bene, la può pronunciare qualsiasi uomo anche sano, dal momento in cui nasce. E allora che fare? Ad ogni difficoltà nella vita, anche psicologica, invochiamo l’ eutanasia? Mi auguro che la medicina torni sempre a curare i malati e non ad ucciderli. E da cristiano conservo la fiducia il lume della fede in Gesù e nel Vangelo non si possa mai spegnere del tutto.
Armando Ferrario, Cairate (Va)