Opinioni

Il direttore risponde. (Dis)avventura ferroviaria siciliana. Ma molto italiana

martedì 21 settembre 2010
Caro direttore,domenica pomeriggio ho deciso di recarmi da Trapani a Mazara del Vallo per seguire l’incontro tra alcuni vescovi del Mediterraneo nell’ambito della manifestazione "Sponde". Ero di ritorno da un periodo di ferie e mi sono accorta di avere l’assicurazione della macchina scaduta: ho quindi deciso di andare in stazione: c’è, infatti, un treno molto comodo che raggiunge il centro di  Mazara del Vallo in soli 45 minuti. Quello che è successo dopo è una storia tutta siciliana. Eccola qui. La biglietteria è chiusa. Chiedo allora al personale delle Ferrovie dove posso acquistare il biglietto: «Alla macchinetta self service», rispondono, «ma è rotta».  E mi accompagnano per mostrarmi che «arrotola i soldi di carta» mentre «inghiotte senza più restituire» le monete senza comunque emettere il biglietto. Chiedo: «Non c’è un bar, un’edicola in tutta la città dove posso comprare un biglietto?». Risposta laconica: «No». E allora che fare? I ferrovieri fanno spallucce. Nel frattempo arriva una signora anziana: i capelli bianchi cotonati, la corporatura esile. Vuole sapere dove obliterare il biglietto. Le dico che è molto fortunata ad avere il biglietto ma, di nuovo, i ferrovieri s’intromettono e dicono che «insomma, non si può definire fortunata la signora» visto che il treno che deve prendere per portarla a destinazione - e cioè la stazione di Palermo centrale - per percorrere questi 100 chilometri, impiega ben 3 ore e 38 minuti (partenza da Trapani ore 16.00, arrivo a Palermo ore 19.38)! Nel frattempo arriva il capotreno al quale mi rivolgo implorante. E lui mi risponde da perfetto siciliano: «Se sale sul treno senza biglietto devo farle una multa da 50 euro, quindi deve procurarsi il biglietto anche se so perfettamente che è impossibile che lei se lo procuri». Nel frattempo bisogna spiegare la situazione ad un gruppo di turisti stranieri che pensano di fare il biglietto sul treno ed è veramente difficile e non solo per la lingua. «Dovete scendere perché altrimenti vi devo fare la multa - spiega il capotreno - dovete procurarvi il biglietto anche se non è possibile». Un giovane tunisino insiste: deve tornare a casa e senza quel biglietto come farà, dormirà all’addiaccio? Ma, giustamente, la regola implacabile vale anche per lui. Ma la mia storia è siciliana: fatta quindi di disservizi, di situazioni paradossali, di funzionari che non si assumono responsabilità e dicono «mi spiace veramente ma non è colpa mia», ma anche di gente generosa. E così uno dei ferrovieri in servizio mi prende da parte. Ha un biglietto, uno solo, ben conservato per le situazioni d’emergenza. Ha capito che ho bisogno di partire, lo tira fuori e me lo dà. Gli pago il corrispettivo, e salgo da sola sul treno con un po’ di sensi di colpa. Nel frattempo un altro ferroviere cerca di rassicurare la signora anziana e l’aiuta ad accomodarsi. Per lei è meglio aspettare e prendere il prossimo treno che è un po’ più veloce e arriva prima a Palermo.  E così arrivo puntuale a destinazione. Poi ho chiamato a casa per chiedere se potevano venirmi a prendere. Noi siciliani siamo gente generosa, ma ho preferito non rischiare di restare per la notte a Mazara del Vallo...

Lilli Genco

La definisci, cara Lilli, una «storia tutta siciliana». E da figlia di quella splendida e complicata terra sai certamente che cosa dici. Ma a me sembra anche una storia con molti echi assai «italiani». C’è dentro disorganizzazione, negligenza, rigore e buona volontà... Sintetizza, insomma, fin troppo efficacemente ordinari vizi e virtù dei servizi pubblici (e di chi in essi opera) in troppe parti del nostro Paese. Anch’io potrei contribuire in prima persona con qualche raccontino né consolante né edificante ambientato nel centronord. Ma potrei anche testimoniare, tanto per restare in tema ferroviario, del quasi sempre perfetto funzionamento, del decoro e del comfort sperimentabili sui treni che percorrono le tratte ad alta velocità. È un contrasto stridente e che vale la pena di sottolineare ancora una volta. In un Paese lungo e policentrico, in quest’Italia nella quale s’intrecciano i percorsi dei pendolari e gli itinerari dei turisti, non riuscire a dare e mantenere standard degni e omogenei su tutte le linee di collegamento non è soltanto un disservizio, è una dimostrazione di pesante autolesionismo. Che non so spiegarmi, e non so giustificare.