Il direttore risponde. Disabili: l'angoscia del «dopo di noi»
Guerrino Silvestrin ed Emilia Codogno
Chi ci legge conosce la doverosa attenzione che prestiamo alle difficoltà che i disabili e le loro famiglie sono costretti ad affrontare quotidianamente, oltre a quelle legate alla loro situazione personale. I problemi spesso drammatici di chi deve fare i conti col disagio psichico, per il quale il supporto della sanità pubblica è quasi sempre esiguo quando non assente, e chi, affetto da limitazioni fisiche, deve esercitarsi in continue acrobazie per venire a capo delle «barriere» mantenute dall’incuria di chi non applica le leggi o con gli intralci posti da chi è semplicemente maleducato. Una vita sempre in salita, sia per chi è direttamente affetto dalla menomazione, sia per chi – familiare, quasi sempre genitore – sostiene il disabile. Una vita sulla quale incombe come prospettiva inesorabile e terrificante l’impossibilità dei genitori di aiutare il figlio o la figlia a causa dell’avanzare dell’età o della morte. Chi risponde a questo assillo via via sempre più angoscioso? Finora, come voi stessi rilevate, le pubbliche istituzioni non sembrano aver offerto soluzioni adeguate. Le iniziative più significative di cui abbiamo notizia paiono essere intraprese da realtà del volontariato di ispirazione cattolica, come quella sorta in una realtà a voi vicina, la mia provincia di Treviso, con la Fondazione "Il nostro domani onlus". Un progetto sorto per dare risposta all’assillo del "dopo di noi", «l’angoscia (dovrei dire il terrore) era che dopo si riaprisse per i loro figli tanto amati le porte di grandi istituti dove prima erano da sempre stati rinchiusi e segregati» (www.ilnostrodomani.org). La soluzione da loro trovata: «Progettare e costruire contesti abitativi in alternativa all’istituto, in sostituzione della famiglia naturale e in collaborazione con le istituzioni pubbliche. Si tratta di comunità alloggio e gruppi appartamento gestiti in convenzione con il privato sociale, aperti al territorio e in continua comunicazione con le sue risorse, nel rispetto della programmazione e dei Piani di zona delle Asl della provincia». A Treviso l’iniziativa è in corso da 10 anni; altre di certo ce ne sono nel Veneto e in altre regioni: ciò che manca e che è giusto chiedere ad amministratori e politici è di farsi promotori e sostenitori di progetti analoghi in ogni zona del nostro Paese: le risorse necessarie sono certo inferiori a quelle che dovrebbero essere investite per offrire ospitalità in istituto a chi si trovasse privo di qualsiasi alternativa. A voi il mio affettuoso, carissimo augurio di un Santo Natale davvero lieto e sereno.