Opinioni

Dibattito Onu impone di non tacere. Diritto alla vita: l'Italia dica (bene) la sua

Carlo Casini mercoledì 22 novembre 2017

Caro direttore, in questo tempo in cui la Commissione dei diritti dell’uomo dell’Onu che ha sede a Ginevra sta elaborando una interpretazione dell’art. 6 del Patto sui diritti civili e politici approvato il 16 dicembre 1966 nel quale si proclama il diritto alla vita come inerente alla persona umana, è giusto ricordare la Convenzione sui diritti del fanciullo della quale si celebrerà l’anniversario il 20 novembre prossimo, perché fu approvata dall’assemblea generale dell’Onu in questo giorno e nello stesso mese nel 1989.

Nella bozza della interpretazione su cui sta lavorando la Commissione di Ginevra si sostiene l’esistenza di un diritto universale di aborto come conseguenza del diritto alla vita delle donne. Conseguentemente sono totalmente ignorati i diritti dei figli prima della nascita. Essi sono espulsi dalla categoria di esseri umani. Perciò è importante una attenta rilettura della Convenzione sui diritti del fanciullo il cui art. 1 definisce come “fanciullo” «ogni essere umano di età inferiore ai 18 anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile».

Questa convenzione chiama “fanciullo” anche il nascituro, come risulta dai lavori preparatori e come è espressamente dichiarato nel punto 9 del preambolo, dove, richiamando la precedente Dichiarazione universale sui diritti del fanciullo del 1959, è scritto: «Il fanciullo, a causa della sua mancanza di maturità fisica e intellettuale, ha bisogno di una protezione e di cure particolari, ivi compresa una protezione legale appropriata, sia prima che dopo la nascita». In tal modo la Convenzione qualifica come “fanciullo” anche il bambino non ancora nato e dunque anche a lui si riferisce l’art. 6 dove si riconosce «che ogni fanciullo ha un diritto inerente alla vita» e si assicura «in tutta la misura del possibile la sopravvivenza e lo sviluppo del fanciullo». La cesura tra il “non bambino” ed il “bambino” non è la nascita. Feto ed embrione sono nomi diversi del medesimo bambino; così come dopo la nascita la Convenzione chiama fanciullo il neonato, il ragazzo, l’adolescente. Due Corti costituzionali europee, quella italiana con la sentenza n. 35 del 10 febbraio 1997 e quella polacca del 28 maggio 1997, hanno tratto argomento proprio dall’art. 1 e dal preambolo della Convenzione del 1989 per affermare il diritto alla vita del concepito fin dalla fecondazione. Un secondo aspetto rilevante emerge dall’art. 3 della Convenzione: «In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche che private di assistenza sociale, dei tribunali, della autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve avere una considerazione preminente».

La contraddizione con il tentativo della Commissione dei diritti dell’uomo di Ginevra di ignorare del tutto i bambini non nati è evidente. Alla Commissione di Ginevra sono giunte centinaia di osservazioni sia di Stati che di organismi non governativi, università, circoli culturali e singole persone. Il loro contenuto è differenziato: qualcuno appoggia il diritto di aborto, qualche altro parere sostiene il diritto alla vita dei figli non ancora nati. Sembra opportuno che anche l’Italia si renda presente in questa discussione per sostenere i diritti dei concepiti che il suo ordinamento non cancella, tanto è vero che l’art. 1 della legge n. 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita dichiara di voler assicurare «i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito».