Il lutto. Addio a Francesco D'Agostino, un'umiltà fraterna, generosa e sorprendente
Desidero dire ancora una volta grazie a Francesco D’Agostino – filosofo, giurista, prestigioso collaboratore e gentile amico – e dirgli qui l’addio di chi, come lui e come me, crede che sia davvero un “a Dio”. Averlo avuto a fianco, in amicizia e speciale colleganza intellettuale, e fino a l’altro ieri aver avuto l’assoluto privilegio di leggere per primo, e poi passare (come diciamo, in gergo, noi giornalisti) e titolare uno dei suoi testi, sempre eleganti e densi, è stata una delle più belle esperienze che il mio mestiere (e i compiti che ho assolto e assolvo, anche in questo giornale) mi hanno regalato.
Perché leggere D’Agostino è stato sempre – e resterà – entrare in contatto con l’intelligenza e l’umanità di un grande intellettuale e di una persona integra e integrale. È stato – e resterà – misurarsi con un’alta testimonianza di che cosa significa essere miti con la spina dorsale, cioè persone di visioni forti e di altrettanto forte dedizione al dialogo. Con i suoi studenti nell’università. Con i suoi interlocutori nell’accademia e sui tavoli della pubblica riflessione sui beni più preziosi per la custodia dell’umano (questo sono, e dovrebbero sempre essere, i confronti bioetici e biopolitici). Con i suoi lettori, che sono stati non solo, ma anche e soprattutto quelli di “Avvenire”.
Francesco D'Agostino - Archivio Boato
Ma c’è un tratto di Francesco D’Agostino che voglio specialmente sottolineare. Un tratto generoso e sorprendente: l’umiltà. Un’umiltà asciutta e serena, davvero sorella della profondità e della chiarezza che cercava e offriva. E che lo portava ad affidarmi gli editoriali che gli avevo chiesto o che mi proponeva con totale e niente affatto scontata fiducia. «Vedi tu, Marco, se tutto fila…».
Questo congedo troppo improvviso scuote, commuove e addolora. Mancherà anche a me, a noi tutti, la forza inquieta eppure tranquilla del suo pensiero. E la sua fraterna generosità. Fratelli e sorelle, fraternità e sororità sono le parole che Francesco D’Agostino ci suggeriva di tornare a vivere e a usare, oltre ogni personalismo. Una lezione e un’eredità da portare in cuore e nei giorni che ci sono dati.