Opinioni

Migrazioni, diritto, Europa . Dire e fare cose giuste

Paolo Borgna lunedì 7 ottobre 2013
Su queste colonne lo si scrive da tempo: la concreta applicazione della nostra legislazione in materia di immigrazione rischia ogni giorno d’essere forte con i deboli e debole con i forti. In particolare, il reato di "clandestinità" è inutile e iniquo. Inutile, nel senso che promette risultati che non può raggiungere: perché la sanzione prevista – poche migliaia di euro di ammenda, al termine di un processo che, è stato calcolato, costa non meno di mille euro per ogni denuncia – non spaventa certo i delinquenti incalliti. Iniquo, perché danneggia il lavoratore onesto anche se "irregolare", che spesso ha tentato inutilmente di "regolarizzarsi", rimanendo impigliato nelle farraginosità delle nostre procedure per il rilascio del permesso di soggiorno; e alla fine si vede coinvolto in un processo penale, che – anche se privo di sanzioni effettive – ideologicamente lo schiaccia sullo stesso piano di uno spacciatore o di un rapinatore.Per denunciare queste ingiustizie basta ricordare esempi veri. Non c’è bisogno di crearne altri inverosimili. Le battaglie giuste vanno combattute con argomenti onesti: in tal modo riusciranno più credibili e convincenti. E dunque, se il sentimento collettivo di vergogna che in questi giorni tocca le nostre coscienze – e di cui ci ha parlato papa Francesco – servirà anche a rivisitare le nostre leggi sugli stranieri, saluteremo questa svolta come un evento positivo.Ma non saremmo intellettualmente onesti se facessimo credere che l’abrogazione del reato di "clandestinità" servirà a evitare tragedie come quella di Lampedusa.Come non si può "fustigare le onde del mare" per punirle del loro impeto, così non si può pensare che la fuga disperata dalle guerre e dalla miseria di decine di migliaia di persone possa essere influenzata dall’esistenza o meno di un reato inutile e ingiusto che minaccia una pena pecuniaria. Né si può far credere che il soccorso ai naufraghi sarebbe stato impedito, ai pescherecci italiani, dalle norme che puniscono chi favorisce l’immigrazione clandestina. Perché il secondo comma dell’articolo 12 della "Bossi-Fini" recita chiaramente: «Non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno». In queste ore lo hanno detto molto bene il capo dello Stato, il premier e il ministro dell’Interno: il problema dei profughi è assai più complesso di quello delle norme che regolano l’ingresso in Italia per motivi di lavoro o di studio. L’Italia è la porta dell’Europa rivolta all’Africa. Il problema dei profughi dall’Africa è problema europeo, come ha riconosciuto ieri anche il premier francese Ayrault che ha sollecitato un summit sulla gestione delle frontiere marittime. E la cooperazione che noi chiediamo ai governi dei Paesi africani non può essere quella di attribuire a loro il lavoro sporco, facendo morire di sete i migranti nel deserto. Come venerdì scorso ha scritto il direttore di questo giornale, gli occidentali che in un passato anche recentissimo hanno portato guerra in terra nordafricana devono oggi, sulle stesse terre, portare e organizzare aiuto, soccorso. Molte associazioni lo chiedono da tempo: c’è bisogno di una missione che, sotto la bandiera Onu e comunque dell’Unione Europea, apra in Nordafrica luoghi civili di raccolta per i migranti e canali umanitari di transito che facciano arrivare in sicurezza i profughi in Europa, distribuendoli nei vari Paesi dell’Unione. Lo sappiamo bene: non è impresa facile; e dovrà misurarsi con complessi problemi internazionali, con la fragilità delle istituzioni locali e con il potere esercitato dai clan e dalle organizzazioni malavitose. Ma a questa prova l’Europa è chiamata. Mai come in queste ore sentiamo vero il monito del presidente Napolitano: l’Italia ha bisogno di più Europa. Ma l’Europa non può lasciare sola l’Italia. I nostri governanti lo dicano a voce alta. Se è vero che l’Europa non è soltanto libertà dei mercati, questo è il momento di dimostrarlo. Ci vuole, di nuovo, il coraggio e la generosità che ebbero nel dopoguerra Adenauer, De Gasperi, Schumann, Spinelli. Il loro esempio è la lezione per l’oggi e per il domani.