Il 1° Seminario del Forum Cattolico-Musulmano si inserisce nella lunga schiera di incontri promossi soprattutto dopo la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate, punto di riferimento per il dialogo interreligioso. Emblematiche restano la visita di Giovanni Paolo II alla moschea di Damasco e la sosta orante di Benedetto XVI alla Moschea Blu di Istanbul. Ma l'incontro di questi giorni presenta due novità, una di metodo e l'altra di contenuto. Di metodo: il forum appare da parte musulmana non più come l'iniziativa di singole personalità o Stati, ma come espressione di un consenso generalizzato. Dall'iniziale risposta al discorso di Ratisbona firmata da 38 sottoscrittori, alla successiva dichiarazione A Common Word con l'adesione di 138 personalità, poi ulteriormente allargata, la tendenza da parte musulmana è raggiungere un consenso di fondo al dialogo con i cristiani. Non si tratta di una questione secondaria, perché il consenso è per gran parte della teologia musulmana una delle fonti dell'elaborazione dottrinale. La seconda novità, contenutistica, è che nel forum, come nella lettera aperta, l'accento è stato posto con decisione sulla dimensione religiosa, se non addirittura strettamente teologica. Nel comunicato che aveva preceduto l'evento si legge che la composizione delle delegazioni è «religiosa e non politica», «prescinde dalle relazioni diplomatiche degli Stati ed è stata costituita sulla base dell'autorità sapienziale». Nessuno intende evidentemente negare che la religione abbia, soprattutto nei Paesi musulmani, dirette ricadute sulla vita comunitaria, anche a livello di scelte politiche e ordinamenti giuridici. Anzi, è evidente che le affermazioni di principio contenute nella lettera aperta devono essere verificate alla luce della loro concreta traduzione in un contesto che per le minoranze cristiane è sempre più difficile, come dimostra il persistente esodo di cristiani dal Medio Oriente. Tuttavia, la volontà delle due parti è di non dissolvere la specificità del fatto religioso in pur importanti considerazioni geopolitiche. Uno degli ispiratori del dialogo islamo-cristiano, il padre Georges Anawati, amava ripetere che in questo campo fosse necessario armarsi di una «pazienza geologica». Sarebbe quindi illusorio immaginare che ferite più che millenarie possano essere sanate nel giro di pochi mesi. Scopo del forum era approfondire l'affermazione dell'amore di Dio e del prossimo nei suoi aspetti teologici e spirituali, ma anche nelle ricadute pratiche per la tutela della dignità della persona umana e la difesa della libertà religiosa. I 15 punti del documento finale offrono diversi spunti in questa direzione. Certamente molti sono oggi gli interrogativi cui occorre dare una risposta, ma per un credente la domanda più bruciante è forse la più semplice: musulmani e cristiani adorano lo stesso Dio? Senza questo riconoscimento reciproco, tutto diventa più difficile. La risposta da parte cattolica è chiara ed è stata proposta dalla Lumen Gentium al n. 16: «il disegno di salvezza abbraccia anche coloro che riconoscono il Creatore, e tra questi in particolare i musulmani, i quali, professando di avere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio unico, misericordioso che giudicherà gli uomini nel giorno finale». Risposta ribadita ieri da Benedetto XVI nell'udienza ai partecipanti: «Sono consapevole che Musulmani e Cristiani hanno approcci diversi nelle questioni che riguardano Dio. Tuttavia, possiamo e dobbiamo essere adoratori dell'unico Dio che ci ha creati e che ha cura di ogni persona in ogni angolo della terra». Da parte musulmana Seyyed Hossei Nasr ha affermato: «Per entrambi Dio è insieme trascendente e immanente, creatore provvidente del mondo ("), l'amante il cui amore abbraccia l'intero mondo creato». È questa convinzione di fondo che ispira il proseguimento del dialogo. www.oasiscenter.eu