«Evidenziatori neri» delle difficoltà. Ma quanto è difficile dare una mano in Italia
Voi siete l’unico caso al mondo di «evidenziatore nero». Così un po’ scherzando e un po’ no mi rivolgo a due ragazzi nigeriani, e loro sorridono. Li ho trovati a raccattar monetine sotto lo studio dove ogni tanto scrivo nel centro di una media città italiana. Sto cercando di trovare il modo di avviarli a un lavoro semplice, e con alcuni amici di creare le condizioni per preparare un progetto tra l’altro sostenuto anche dalla Chiesa locale. Li chiamo «evidenziatore nero» (avete presente, no? quei cosi gialli, verde, arancio con cui evidenziamo scritti o appunti) perché loro con il loro nero vagante nelle strade hanno per così dire messo in luce un sacco di problemi. Ma problemi che non hanno portato loro, ma che avevamo già noi. Solo che ora, grazie a questi strani evidenziatori umani vediamo meglio, e scopriamo nella loro gravità.
Ad esempio il fatto che leggi e regolamenti rendono difficile e dispendioso avviare al lavoro ragazzi alle prime armi. Dietro a parole magiche (tirocini, contratti a termine, etc) si celano comunque pratiche lunghe, contorte, maledettamente più rigide di quanto la realtà richiede. I due «evidenziatori neri» che con i miei amici sto cercando di trarre via dalla strada ci guardano e sorridono. A loro bastano un po’ di soldi per le esigenze elementari, per telefonare a casa. Questi evidentemente sono buoni ragazzi, non sono tutti così, si sa. Ci sono fenomeni criminali, sacche oscure, che attraggono, catturano e si gonfiano. E di certo quel che tali «evidenziatori neri» stanno mostrando di noi a noi stessi non è nemmeno molto piacevole: una certa dose di pigrizia criminale, di sacche torbide, di tortuosità che genera malora, segna pensieri e pratiche della nostra società.
Non sono un politico né un sindacalista ma uno che come tanti prova semplicemente a dare una mano. E vedo come, oltre che alla enormità dei problemi, alla complessità di situazioni che ci sono piombate addosso per motivi, cause e responsabilità che ci sovrastano, ci tocca fare i conti con difficoltà che vengono da situazioni nostre, responsabilità nostre. I miei due allegri “evidenziatori” neri probabilmente non immaginano neanche quante difficoltà ci sono. Guardano e sorridono. Di certo non vogliono tornare per strada a raccattar soldi o a combinare guai peggiori che infastidire vecchiette e turisti seduti al bar o passanti che hanno già abbastanza problemi con mutui, figli e tasse. Non intendo accusare nessuno, ma un certo gravame delle burocrazie e delle procedure sta appesantendo la vita delle normali professioni, dei mestieri (se ne lamentano insegnanti e medici e architetti...) e di certo non aiuta chi vorrebbe correre spedito incontro ai bisogni più gravi. Certo i regolamenti per le azioni di cosiddetto Terzo Settore potranno aiutare, speriamo, ma la questione riguarda la intera società, che appare ripiegata, rigida e spesso impreparata, al di là delle intenzioni e dei proclami, ad aprirsi ad azioni di solidarietà e sostegno.
Insomma: è come se questi «evidenziatori» ci stiano mettendo nella posizione scomoda di guardarci allo specchio. Che sia voluto o meno da potenze internazionali, che i due miei «evidenziatori» siano arrivati o meno con tutta l’irregolarità possibile su una barca o un gommone, di fatto la loro presenza sta facendo vedere i limiti del nostro cuore e, poi, che siamo rigidi, confusi e poco atletici. E questo non è un problema solo e innanzitutto a riguardo del rapporto con i nuovi arrivati, bensì con i nostri italianissimi figli. E con i figli (chissà come saranno) dei nostri figli.