Forse abbiamo perso quello sguardo fecondo di simboli che possedeva l’uomo medioevale il quale, pur camminando nello sconcerto di questo mondo, era capace di tenere desto il cuore all’Eterno. All’avvicinarsi delle festività dei Santi, mi piace sentirmi mescolata fra la folla di fedeli che nelle Fiandre del 1432, con passo frettoloso, si recava nella cattedrale di San Bavone. Qui i fratelli van Eyck, Hubert e Jan, hanno realizzato una delle opere più maestose mai viste: il Polittico dell’Agnello. Secondo la Legenda aurea di Jacopo da Varagine, il I° novembre, tutti i Santi si recano in paradiso per rendere omaggio alla Trinità. Leggenda forse, ma per il popolo delle Fiandre realtà, tanto che strade e piazze si affollavano di cortei in costume e incontrare Santa Caterina d’Alessandria o san Cristoforo era cosa facilissima.Per un giorno almeno, le vie della terra coincidevano con le vie del Cielo. Non che non si conoscessero gli spiriti del male, o gli strani riti collegati al culto dei morti che oggi Halloween ripropone a piene mani, ma erano tenuti a distanza poiché se la morte è sotto i nostri occhi tutti i giorni, raramente lo sono i segni che rammentano l’eternità. Ritorniamo tra i passi frettolosi dei fedeli delle Fiandre: l’eternità si offre al nostro sguardo quando, nella cattedrale, il celebre Polittico dischiude le sue porte brune e ci lascia entrare nel verde rutilante del Paradiso. Uno spazio sconfinato ci accoglie e siamo abbracciati da uno straordinario baluginio di colori.Quattro pannelli del registro inferiore raccontano di uomini e donne che hanno raggiunto il cielo: cavalieri, giudici giusti, pellegrini e profeti, tutti radunati come un solo uomo davanti alla Maestà di Dio. Nel pannello centrale dello stesso registro, attorno all’altare su cui campeggia Cristo Agnello ritto e immolato, ci sono ancora quattro gruppi di santi. Profeti e patriarchi, confessori della fede, vergini e religiose, apostoli e martiri sono lì con la loro rozza umanità a testimoniare all’uomo che vale la pena di vivere per Qualcosa di grande, qui manifestato appieno. Nel registro superiore Dio Padre siede in trono, accanto a lui altri due scranni: a destra siede la Vergine Maria, a sinistra il Battista.E fin qui, niente di strano, se si pensa che proprio al Battista era dedicata la cattedrale. Ma subito ci si rende conto che tra l’abbondanza di colori del Polittico aperto, ai lati, ci sono due nicchie terrose che riportano immediatamente alla condizione umana. In queste nicchie si trovano i progenitori, Adamo ed Eva, gli unici nudi, gli unici con i volti tesi, preoccupati, scrutanti verso il trono senza apparentemente riuscire a vedere. Mi sorprende ogni volta questo loro disagio, perché è esattamente il nostro, è lo stesso dell’uomo che mi passa accanto in questo tormentoso terzo millennio, l’uomo che, forse battezzato, ma non praticante, ha sentito sì parlare di Maestà di Dio e di Santi, ma non riesce a vedere nulla e neppure sa se vedere potrà mai servire a qualcosa. E mi pare che van Eyck vivo, sia lì a indicarmi il volto dei due che stanno accanto al trono.Con incredibile perizia, van Eyck ha dipinto i volti di Maria e del Battista identici a quelli di Eva e Adamo. Ma dove, in quest’ultimo, è evidente la paura per la gloria ormai perduta, nel Battista c’è il riposo di chi fissa lo sguardo sulla salvezza ormai conseguita, e dove in Eva c’è l’angoscia di un destino consegnato al dolore, in Maria, c’è la serena certezza di un per sempre che mai verrà meno. Mi ridesto dal torpore e mi guardo attorno. Ahimè, non sono nelle Fiandre, ma tra le strade trafficate della nostra Italia, dove zucche vuote e scheletri immaginari girano confusamente come per un rinnovato Carnevale. Non vedo altro attorno a me che lo stesso sottile tormento dei progenitori di van Eyck: ci sarà qualcuno capace di indicare un Oltre? Una meta di bellezza che renda quaggiù più leggero il passo? Ci sarà il pennello di van Eyck e la fede di Jacopo a raccontarci il Cielo? Non so, resta però viva la memoria di un fatto: ci sono ancora i Santi. Hanno i volti più diversi e più comuni, ma raccontano tutti un destino di serenità e di gloria. Lo stesso narrato nel Polittico cinque secoli or sono.