Opinioni

Diario della convention. Ventimila cartelli sotto il palco: la coreografia del consenso

Elena Molinari, Chicago mercoledì 21 agosto 2024

L’operazione è rapida, precisa e invisibile. E il suo risultato deve essere a prova di centinaia di telecamere. Uno dei piccoli miracoli della convention democratica (come del resto di quella repubblicana) è il modo in cui lo stesso identico cartello compare per magia nelle mani di quasi 20mila delegati e iscritti del partito che sventolano allo stesso tempo un messaggio diretto specificamente a ogni oratore.

È stato "We ❤︎ Joe” prima per il discorso di Biden. “When we fight, we win” (quando lottiamo, vinciamo) per la “inattesa” comparsa di Kamala Harris lunedì sera. E il classico “Yes we can” per Barack Obama. Tutto merito di Christy George e del sistema a prova di bomba che ha escogitato. La coordinatrice dei volontari della convention ha preparato tutti i cartelli dietro il palco, accatastati in una ventina di colonne, in ordine di apparizione: quelli che devono uscire per ultimi sono in fondo, i primi sopra. Dieci minuti prima di ogni intervento di peso, un centinaio di volontari ne afferrano quanti più possibile e si distribuiscono a ventaglio in tutta l’Arena, ognuno in un settore predeterminato. Ritirano i cartelli che non servono più (non sia mai che qualcuno si sbagli e sbandieri quello sbagliato) e passano i nuovi, poi tornano alla base e ripetono il tutto. L’effetto è una coreografia precisa che sottolinea i temi principali della convention con molta efficienza. E senza nessuna spontaneità.