Dietro la rabbia dei giovani francesi. Demografia senza famiglia
Come mai la presenza di tanti giovanissimi nelle giornate francesi di protesta? Come mai un terzo o addirittura la metà, secondo le diverse stime, sono minorenni? E da dove arriva la rabbia che anima questi ragazzi? Le risposte possono essere molteplici – il disagio delle banlieues, un’integrazione mai davvero conclusa, le difficoltà economiche, le scelte politiche, urbanistiche, culturali, la presenza di gang malavitose che orchestrano la protesta – tutte in larga parte già approfondite su queste pagine. Ma c’è una ragione solo in parte accennata dai commenti che assume contorni problematici perché tocca anche le scelte politiche – o non scelte – di casa nostra e interroga in modo pressante l’associazionismo che ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia.
È il tema della demografia. Abbiamo più volte scritto come negli ultimi due decenni la Francia sia risultata il Paese europeo dove la denatalità si è rivelata meno drammatica, grazie a politiche mirate con aiuti economici e incentivi fiscali strutturali, confermati cioè da tutti i governi che si sono succeduti. Dal 2021 la situazione si è leggermente modificata e gli unici Paesi a saldo demografico positivo rimangono Germania, Ungheria e Repubblica Ceca. Ma si tratta di una flessione, quella francese, che non inficia quanto fatto di positivo dagli anni Novanta in poi. Ecco perché il violento esercito di giovanissimi “ casseur” che invade in questi giorni le strade della Francia è in gran parte la risultante dei vari miniboom demografici registrati nel Paese transalpino. Non è una sottolineatura negativa. Disordini e violenze, beninteso, sono sempre da condannare. Ma sarebbe semplicistico puntare il dito sulle scelte politiche per il sostegno alla demografia.
Solo una valutazione miope potrebbe concludere che senza tanti giovanissimi in piazza la Francia oggi si sarebbe risparmiata una buona dose di caos. I figli, in qualunque condizione, rimangono scelta positiva e benedizione sociale perché attesa di futuro per tutti. Ma i figli non vanno lasciati soli e una politica illuminata avrebbe dovuto preoccuparsi di porre accanto agli incentivi per la natalità – perché altrettanto importanti – misure di sostegno alla genitorialità, provvedimenti di carattere educativo, iniziative di accompagnamento alle coppie. Invece c’è stato poco o nulla di tutto questo e le famiglie francesi, comprese quelle disagiate che si erano mostrate più sensibili agli aiuti economici pensati per combattere l’inverno demografico, hanno affrontato da sole il terremoto antropologico della postmodernità, uscendone malconce, un po’ come ovunque in Occidente.
Troppe madri sono state lasciate sole, troppi figli si sono trovati senza padri – compresi i tanti nuclei musulmani che costituiscono lo zoccolo duro delle banlieues – e quando la famiglia si disgrega le difficoltà educative si moltiplicano, i riferimenti normativi si appannano, esempi e testimonianze da parte degli adulti rischiano di apparire tanto evanescenti da non costituire più argini sicuri per i percorsi di crescita dei ragazzi. E quando, come in questi giorni in Francia, si creano le condizioni sociali per una protesta violenta, non ci sono strutture familiari che possano rappresentare un punto di riferimento.
Da tempo la sociologia più attenta alle dinamiche familiari sottolinea come la crisi della famiglia diventa immediatamente crisi sociale e ripete, purtroppo inascoltata, che non si può sostenere la demografia a colpi di sgravi e di incentivi fiscali se allo stesso tempo non si sostiene la formazione e la tenuta delle famiglie, non si attivano processi di crescita della coppia, non si forniscono motivazioni di tipo culturale per accompagnare madri e padri a crescere insieme. Il caso francese è la dimostrazione che questi due impegni si sostengono a vicenda e sono funzionali l’uno all’altro.
Incentivare la natalità ignorando la stabilità del quadro familiare diventa non soltanto scelta parziale, se non pericolosa, ma mostra di non avere a cuore realmente il futuro di quei figli che si sollecita a far venire al mondo.
Perché poi si guardano i dati sugli allontanamenti dei minori dalle famiglie d’origine (o di quel che ne rimane) da parte dell’autorità giudiziaria e si scopre che Germania e Francia, sono proprio i Paesi europei dove questi interventi sono più frequenti. Ha senso allora promuovere le nascite, ma guardare con il più assoluto disinteresse il benessere delle coppie e, di conseguenza, aprire con crescenza frequente le porte degli istituti d’accoglienza a bambini e ragazzi rimasti senza tutele? Tra le tante “lezioni” che possiamo trarre in questi giorni dai disordini francesi, forse quella per una politica demografica coerente, lungimirante e globale non è tra le più irrilevanti.