Il direttore risponde. «Sei passi verso la pace e la giustizia» È tempo di umanità e di chiarezza
Caro direttore,
in questo periodo che è ancora pasquale e appare avvolto da una spirale di orrori (tra essi, la strage di cristiani a Garissa in Kenya, le violenze contro il campo palestinese di Yarmuk in Siria, la scoperta di fosse comuni a Tikrit in Iraq, gli scontri nello Yemen e altrove), stiamo vivendo una situazione che, secondo l’Onu, «va oltre il disumano». Sembra si stiano scatenando le potenze dell’iniquità. Alcuni mezzi di comunicazione ne parlano solo per un giorno o solo insistendo sulla ferocia del nemico “islamico” e confidando nel potere salvifico delle armi. Ma esiste una corresponsabilità diffusa. Per questo, occorre pregare il Cristo crocifisso e risorto in cui, osservava papa Francesco il venerdì santo, «vediamo i nostri consueti tradimenti e le quotidiane infedeltà», in particolare la tragedia di tanti credenti perseguitati per la loro fede «con il nostro silenzio complice». È complice, aggiungo, perché, a causa di interessi economici, di ossessioni geopolitiche e di pregiudizi multiformi, mettiamo da parte il primato di una politica di pace e del diritto internazionale, continuiamo a vendere armi anche in luoghi di guerra, contribuiamo al proliferare di bande armate (amiche di Stati o aziende direttamente o indirettamente complici dei terroristi), impediamo all’Onu di prendere in mano situazioni necessarie di impegni lungimiranti e responsabili. L’intervento auspicato dal Papa in questi giorni non riguarda inaffidabili e inefficaci operazioni militari, generatrici di ulteriori violenze, ma il primato della politica e del diritto, della giustizia e della riconciliazione, della cooperazione e della carità. A fine marzo, il martirio dei cristiani e di credenti di varie comunità è approdato finalmente al Consiglio di sicurezza dell’Onu, che ha ascoltato le terribili testimonianze di esponenti di minoranze religiose perseguitate (tra i quali il patriarca caldeo di Baghdad, Louis Sako che sta preparando un libro sui cristiani: “Più forti del terrore”). Tra gli interventi auspicati in quella sede: 1) la creazione di “spazi di vita” protetti dalle violenze; 2) il sostegno umanitario al popolo dei rifugiati-sfollati; 3) il ripristino di Stati di diritto; 4) l’avvio di azioni legali presso la Corte penale internazionale al fine di punire i crimini contro l’umanità; 5) l’attivazione di norme contrarie a ogni forma di complicità finanziaria, armata e intellettuale con i gruppi terroristi; 6) il sostegno a programmi educativi orientati al rispetto dei diritti, all’esercizio dei doveri e alla riconciliazione. Le indicazioni ci sono ma “chi pon mano ad esse?” (direbbe il padre Dante). Siamo tutti coinvolti. Pasqua vuol dire scoperchiare la tomba dell’ingiustizia e dell’odio, far rotolare il macigno dell’indifferenza e delle complicità, lasciare che la luce del Risorto inondi la faccia della terra. I credenti nella pace si alzano in piedi davanti al Risorto!
Sergio Paronetto