Opinioni

Un po’ di storia. Ddl Zan non serve a niente voler piantare bandierine

Mariapia Garavaglia venerdì 28 maggio 2021

Caro direttore
ho presentato e sono stata relatrice della proposta che divenne la legge 164/1982, 'Norme in materia di rettificazione e attribuzione di sesso', secondo la Corte Costituzionale (sent. 161/1985) una «normativa intesa a consentire l’affermazione della personalità dei transessuali e, in tal modo, aiutarli a superare l’isolamento, l’ostilità e l’umiliazione che troppo spesso li accompagnano nella loro esistenza ». La questione, tanto delicata, è stata oggetto anche di un documento del Comitato nazionale di Bioetica cui ho partecipato, relativo alla disforia di genere dei minori.

Si è trattato, ogni volta, di affrontare argomenti che esigono umile attenzione, acuta sensibilità e grande lavoro di studio e approfondimento. Si sfiorano i più intimi profili della originalità e unicità della persona umana: situazioni esistenziali che toccano psiche, biologia, fisiologia, spiritualità. La politica può essere chiamata in causa per difendere limiti nell’esercizio della libertà e nella difesa della inviolabile dignità della persona. Invece, il 'rumore' attorno al cosiddetto disegno di legge Zan, ovvero all’articolato contro «omotransfobia, misoginismo e abilismo», non mi sembra sia caratterizzato da particolare 'delicatezza' perché è purtroppo utilizzato come una mannaia ideologica.

Mi sto chiedendo da tempo da quale urgenza sia stato originato. Abbiamo un Codice penale che sancisce i reati di violenza verbale, fisica, di opinione. Vige la legge Mancino. Ci sono regolamenti interni a molti organismi e associazioni, nonché codici deontologici che sanzionano comportamenti lesivi dei diritti dei cittadini costituzionalmente protetti. Sia la violenza alle donne sia il bullismo scolastico sono perseguibili, anche se rimane il problema della educazione e della formazione degli operatori, delle forze dell’ordine e degli insegnanti.

A scuola specialmente si dovrà sempre avere un particolare 'occhio clinico' per tutelare quei bambini che presentassero indizi di disforia di genere. Questioni tanto complesse, non sono apparse in primo piano se non sulle pagine di 'Avvenire', nel dibattito sulla proposta Zan che è diventata soprattutto una contrapposizione tra partiti che vogliono piantare loro 'bandierine'. Ricordo anche che una simile legge, poiché riguarda i diritti della persona, dovrebbe essere votata a scrutinio segreto e ogni partito dovrebbero garantire la libertà di coscienza dei parlamentari.

Ma desidero pure sottolineare con nettezza che non si tratta di una legge che divide cattolici e laici. Il dibattito che si è sviluppato anche su queste colonne ne è una testimonianza. Respingo perciò una giustificazione che suona ipocrita, e che sembra usata per imbastire una battaglia – ripeto – di tipo ideologico. Nel Paese, nella nostra società, il giudizio sulle questioni affrontate è molto diversificato. È anche questo il motivo per cui in Senato sono state presentate altre proposte di legge che, secondo i regolamenti parlamentari, devono essere unificate e discusse congiuntamente con il testo votato alla Camera.

Infine, mi sembra perlomeno improprio insistere sulla urgenza e necessità di approvare il testo in un momento in cui bisognerebbe che le Commissioni Giustizia, Affari Costituzionali e Sanità del nostro Parlamento si affrettassero a discutere e approvare i molti decreti attuativi e le importantissime riforme richieste dal Pnrr che hanno scadenze determinate. Inoltre, anche se si tratta di proposte parlamentari e non di attuazione di un programma di governo, sottolineo che sarebbe politicamente saggio non introdurre argomenti divisivi in una maggioranza ancorché anomala, ma necessaria a sostenere l’esecutivo guidato da Mario Draghi, magari con il retropensiero di 'spedirlo' per questa via al Quirinale, interrompendo le riforme e quindi bloccando l’applicazione italiana del grande piano conosciuto come Next Generation Eu, con la conseguenza tremenda di interrompere il processo di 'ripresa e resilienza' e di dover restituire alla Ue i copiosi finanziamenti destinati all’Italia.

già parlamentare della Repubblica e ministra della Salute