Proposta per fare della Capitale un laboratorio. Dare futuro a Roma col servizio civile
Caro direttore,
abbiamo uno strumento che può cambiare l’Italia: il Servizio Civile. Può cambiare l’Italia e anche Roma. Non solamente la città, ma il futuro delle ragazze e dei ragazzi che la abitano e che la pandemia ci sta consegnando depressi, demotivati, ansiosi e soli.
Una città dei giovani. Un movimento che muove dai loro sogni e dalle loro ambizioni. Non vuol dire dimenticare gli anziani o gli adulti. Tutt’altro: significa coinvolgere le nuove generazioni in un progetto ambizioso di riqualificazione della metropoli, di connessione sociale tra quartieri e generazioni, di valorizzazione del patrimonio artistico e culturale. Partiamo da un dato: secondo la Uil Lazio, negli ultimi cinque anni circa 127mila persone al di sotto dei 39 anni hanno abbandonato questa regione. Gran parte dei quali, ovviamente, hanno lasciato Roma. Al Sud, come sappiamo, la situazione è ancora peggiore. Da che cosa dipende questo esodo silenzioso e drammatico?
La risposta è intuitiva: carenza di opportunità di lavoro, e dunque anche di investimenti, nazionali e internazionali. In parole povere, da Roma le aziende se ne vanno anziché arrivare. Interi settori sono travolti dal Covid e dalla ristrutturazione del sistema economico, e stanno già producendo in queste settimane decine di migliaia di famiglie senza fonti di reddito. Ma c’è un elemento ulteriore che va tenuto presente. La conformazione sociale della Capitale può ormai essere descritta così: nei quartieri centrali vivono le persone più benestanti, gli anziani e i single; lontano dal centro risiedono giovani, famiglie e redditi più bassi. In altre parole, la struttura della comunità penalizza il futuro.
Questo stato di cose è inaccettabile. La Capitale deve tornare a essere una città in cui tutti possano costruirsi una carriera oppure un progetto di futuro: rilanciare l’economia, attrarre aziende, talenti, investitori. E c’è un’altra proposta forte che mi sento di fare. Roma Capitale può lanciare un progetto di Servizio civile (complementare a quello nazionale) per le persone di età compresa tra 19 e 24 anni. Com’è noto, il Servizio civile davvero universale è un obiettivo a cui le istituzioni nazionali dovrebbero tendere, e su queste colonne ne hanno spesso parlato autorevoli commentatori. Qui parlo però di una declinazione realistica, sostenibile e locale.
Proviamo a fare due conti, e una proposta fattibile: secondo l’Istat, vivono a Roma circa 130mila persone tra in fascia di età 19-24 anni. Immaginiamo un compenso di 400 euro al mese per sei mesi di servizio. Il totale fa circa 300 milioni di euro all’anno su un totale del Bilancio comunale di 5 miliardi. Se, come è probabile, la somma sarà inferiore perché non tutti vorranno partecipare, il periodo di Servizio potrà allungarsi sulla base dei progetti fino a un massimo di dodici mesi. Si tratterebbe di spesa in conto capitale, ovvero per investimenti - e quale investimento migliore? - e le risorse, oltre che dal budget comunale, potrebbero essere attinte da vari capitoli del Bilancio Ue (Sure, Next Generation EU, Fondi di Coesione).
Pensiamo ai vantaggi immediati di questa iniziativa: 1) un colpo di frusta per la città: l’energia di decine di migliaia di giovani impegnati a pulire lo spazio pubblico, digitalizzare il patrimonio culturale, aiutare le persone più fragili, costruire luoghi per la socialità e la cultura, ecc.; 2) un’opportunità straordinaria di 'inserimento' lavorativo per una generazione che spesso teme, e oggettivamente rischia, di essere tagliata fuori da tutto; 3) una comunità più coesa grazie a decine di migliaia di giovani che, collaborando, sudando e imparando assieme uniscono anche famiglie, quartieri e classi sociali.
A chi afferma che si tratta di tanti soldi, io rispondo: esiste un modo migliore di spenderli?