Opinioni

Ordine. Carceri, nonviolenza e rifugiati: quale sicurezza da garantire

Agostino Giovagnoli sabato 28 settembre 2024

C’è bisogno di sicurezza. Impossibile negarlo, tra spaventose minacce di guerra e inedite inquietudini come quelle suscitate dall’intelligenza artificiale. Il disegno di legge sicurezza, appena approvato dalla Camera, risponde a questo bisogno? Promette ordine, ma crescono le proteste contro un provvedimento da molti definito liberticida. Non si tratta infatti – come spiegano Antigone e Asgi, due importanti associazioni in difesa dei diritti umani – di un’ennesima espressione di panpenalismo (creazione di nuovi reati, accrescimento delle pene, introduzione di aggravanti ecc.) ma di un salto di qualità nelle forme e tecniche di controllo sociale.

A giudicare da questo disegno di legge sembrerebbe che grandi pericoli vengano oggi dalla resistenza passiva o dalla protesta non violenta. Mentre la violenza, in tante forme diverse, è al centro della comunicazione, corpi volutamente disarmati trasmettono principi, valori, idee con una forza straordinaria, specie se si uniscono ad altri ugualmente disarmati. Ora si cerca di fermarli. Se, prima, i giovani che si mobilitavano contro il dramma di una guerra sdraiandosi per strada e bloccando il traffico, incorrevano solo in un illecito amministrativo, dopo la definitiva approvazione di questo ddl commetteranno un reato penale da punire con il carcere fino a un mese. Che però si estende a due anni se a farlo sono in più d’uno. (Analoghe le pene se si blocca la rete ferroviaria). I manganelli contro i giovanissimi di Pisa, insomma, non sarebbero più un episodio increscioso da deplorare. Le pene sono inoltre inasprite se qualcuno – per richiamare l’attenzione sull’emergenza ambientale – non agisce con violenza ma sparge vernice su un edificio pubblico durante una manifestazione.

In caso di resistenza a pubblico ufficiale, poi, è prevista un’aggravante se il fine è «impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica», come la Tav o il Ponte sullo Stretto di Messina. Difficile non pensare a vicende che hanno infastidito la politica.

La volontà di reprimere la protesta non violenta è ancora più evidente per quel che riguarda il carcere. Il numero dei suicidi – non solo di detenuti ma anche di guardie carcerarie – ha raggiunto quest’anno un livello altissimo. Tantissime anche le rivolte prodotte dall’esasperazione per caldo, sovraffollamento, quotidiana disumanità. Si aspettavano provvedimenti per affrontare questi problemi. Ma il ddl sicurezza va in direzione opposta. Equipara infatti resistenza passiva e atti di violenza. Tre detenuti in una cella sovraffollata che si rifiutano di obbedire in modo non violento all’ordine di un agente di polizia saranno accusati di rivolta. Anche uno sciopero della fame potrebbe essere considerato allo stesso modo? Un detenuto entrato in carcere per scontare pochi mesi potrebbe rimanervi per otto anni, senza poter più accedere ai benefici che diminuiscano la pena, perché sotto questo profilo la rivolta è equiparata ai reati di mafia e terrorismo. Stessa sorte per chi si trova in un centro “di trattenimento ed accoglienza” per richiedenti asilo e dunque senza aver commesso reati ma perché sta fuggendo da una guerra o da una persecuzione. Se protesta in modo non violento per il degrado in cui è costretto a vivere o per un grave pericolo rischia anche lui fino ad otto anni di carcere. Non a caso, il ddl sicurezza è stato ribattezzato legge anti-Gandhi. Senza contare gli effetti pratici: a parità di punizione, perché scegliere la non violenza? Difficile trovare in queste disposizioni garanzie di maggior sicurezza.

Anche la debolezza dei poveri sembra far paura. Chi è senza casa e occupa un appartamento vuoto rischierà fino a sette anni di carcere. Uno straniero extracomunitario non in regola con il permesso di soggiorno non potrà più comprare una scheda telefonica. Minori non accompagnati che arrivano in Italia dopo viaggi drammatici non potranno quindi avvisare i familiari del loro arrivo, persone che vogliono ricongiungersi a parenti nel nord Europa non potranno usare Google Maps. Facile, inoltre, che cerchino illegalmente di procurarsi una scheda telefonica, il che di certo non aumenta la sicurezza. Con il ddl sicurezza ora anche una donna incinta o una madre di un bambino con meno di un anno di età potrà andare in carcere. È quasi una norma ad hoc, anti-rom, di cui le vittime principali però saranno sicuramente innocenti: i bambini. Ci sono infine norme contro l’accattonaggio che fanno ricordare il tristemente famoso Codice Rocco. (Non mancano gli effetti paradossali: l’aggravante per i reati commessi dentro o vicino a stazioni ferroviarie e della metropolitana o sui treni, introdotta presumibilmente per colpire i borseggiatori, varrebbe anche per chi insulta il suo vicino di casa in metropolitana invece che per strada).

Il disegno di legge sicurezza sembra esprimere una grammatica del potere che si piega ai forti e opprime i deboli. Se sarà approvato definitivamente, rischia di portare più dolore e sofferenze che provocheranno rabbia, odio, violenza contro gli altri e contro sé stessi. E, quindi, meno sicurezza. Molti costituzionalisti sono convinti che in questo ddl diverse disposizioni contraddicano la Costituzione. Appare soprattutto incostituzionale l’impianto di fondo, perché respinge la centralità della persona, che è alla base della Carta. C’è davvero da sperare che il Senato cambi profondamente questo disegno di legge.