Verso le canonizzazioni. Acutis e Frassati in piazza non ci saranno, ma...
Io credo che in quei giorni, i giorni della loro canonizzazione, in piazza San Pietro, Pier Giorgio e Carlo non ci saranno. Perché loro sono davvero santi.
Uomini del silenzio, e il silenzio pretende sempre un vuoto da abitare. Così quel giorno ci salverà provare a immaginare Frassati aggrappato alla parete di una montagna, come crocifisso alla pietra del Sinai, leggero e commosso dalla silenziosa bellezza del creato. Oppure ci converrà sederci accanto al maestoso silenzio di Carlo Acutis immaginandolo sprofondato nel mistero dell’adorazione eucaristica. Canonizzare un santo è abilitare una distanza tra l’acclamazione e il mistero, tra la folla e l’intimità, e sperare che in noi fragoroso esploda il desiderio di un rinnovato fecondo silenzio.
Non ci saranno Pier Giorgio e Carlo, e forse il rito di canonizzazione, la luce mondiale concentrata sulle loro storie fatalmente trasformate in evento, provocherà smarrimento in noi. Non ci saranno perché nessun santo si lascia trovare alla luce, perché i santi abitano l’ombra, scendono nelle pieghe di ciò che siamo, percorrono le sofferenze, scelgono davvero le periferie nascoste. Metterli in luce, moltiplicarne le immagini, paradossalmente fotocopiarne i tratti (anche quello di Carlo Acutis che in una frase mirabile invitava i giovani all’unicità) servirà solo a sancirne l’assenza. E sarà una benedizione. Perché quella loro assenza spingerà qualcuno di noi a mettersi in ricerca della loro testimonianza non alla luce delle vite esposte ma nelle ombre, nelle nostre di ombre. E così, sprofondando nelle oscurità che ci spaventano, troveremo il Cristo, Vivo, vera luce dei santi.
Acutis e Frassati il giorno della loro canonizzazione non ci saranno, come Cristo smarrito al Tempio ormai loro abitano la Gerusalemme eterna. Ma questo smarrimento sarà per noi una sorta di miracolo. I santi abitano le distanze per abilitarci alla ricerca, una ricerca personale, unica, nostra. Loro non ci saranno così noi, smarriti e preoccupati come Maria e Giuseppe, potremo tornare a Gerusalemme, da mendicanti, da mancanti, da uomini e donne che davano per scontato, sbagliando, di avere Gesù nella carovana della propria storia. E non lo troveremo tra parenti e conoscenti, tra le parole consumate e i riti rassicuranti. I santi ci smarriscono per abilitarci a rimetterci in cerca di Cristo, a farlo da capo, in una conversione continua.
Acutis e Frassati non ci saranno, perché i santi sono come sepolcri vuoti il giorno di Pasqua, aggrapparsi alle reliquie, esporne i corpi, cristallizzarne le forme è pericoloso, e loro, i santi, lo sanno. Loro che ripetono, come il Risorto alla Maddalena, “non mi trattenere”, loro ormai testimonianza di un Vuoto, di un vuoto che è Segno, a resuscitare il divino che abita ognuno di noi.
Quel giorno Pier Giorgio e Carlo non ci saranno, lì in piazza, ma ci sarà tantissimo spazio per le vite di chi continua a raccontare l’importanza delle loro storie. Saranno in tanti, tantissimi, ed ognuno racconterà il loro santissimo tradimento dell’originale. Sarà bellissimo e inevitabile. Saremo sommersi da una marea di interpretazioni e questi sono i veri miracoli, i frutti, ma loro, gli originali, non ci saranno, perché i santi sono lame appuntite, incidono la carne delle nostre abitudini, ci provocano ad essere partoriti di nuovo, e il sangue sarà nostro. I santi abilitano la testimonianza dell’Unico.
Quel giorno in piazza san Pietro qualcuno cercherà di tracciare un profilo di quelle due vite straordinarie. Saranno parole perfette e luminose ma, come ogni narrazione, saranno anche un solenne fallimento. La vita dei santi è come il profumo, non lo puoi imprigionare, ci saranno parole come cocci del vaso di nardo, i santi sono la frantumazione che abilità l’eternità del profumo.
Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis, come tutti i santi, quel giorno non ci saranno, perché i santi sono come Cristo che si nasconde, che fugge dalle acclamazioni per il bisogno di abitare le notti in cerca di intimità con il Padre, non ci saranno perché come il Maestro non smettono di seminare domande. Ad orecchi attenti, a sera, quando la piazza sarà finalmente vuota, qualcuno sentirà cristallina la domanda di Cristo “chi cerchi?”. I santi sono punti interrogativi, ventri gravidi di possibilità. Sono il Vuoto che permette il cammino, il nostro.