Vertice G7. Da Hiroshima i "grandi" della terra non possono tornare a mani vuote
Troppo pochi Capi di Stato figurano sulla la lista dei “notabili” (notable figures) che si sono recati al Memoriale della Pace di Hiroshima. Fa eccezione Barak Obama unico presidente Usa a essersi raccolto davanti al sacrario e a riconoscere le responsabilità del suo Paese per l’uso della bomba atomica. Fa eccezione, e non sorprende, anche papa Francesco: l’unico ad essersi recato non solo a Hiroshima, ma anche a Nagasaki, la spesso dimenticata seconda e ultima vittima di un attacco nucleare. Questa latitanza dei leader dovrebbe venir meno quest’anno poiché il primo ministro giapponese Fumio Kishida ha coraggiosamente deciso di celebrare proprio a Hiroshima dal 19 al 21 maggio prossimi il vertice dei Capi di Stato e di Governo del G7, ovvero del gruppo dei Paesi occidentali più industrializzati.
È evidente che nella città martire i massimi dirigenti dell’Occidente, tra i quali figurerà Giorgia Meloni, non potranno schivare la questione delle armi nucleari e del disarmo. Il momento non potrebbe essere più opportuno poiché quelli dell’ultimo quinquennio sono stati “anni orribili” sotto il profilo del riarmo diffuso e del nondisarmo nucleare. Donald Trump mandò all’aria gran parte degli accordi faticosamente raggiunti ritirandosi in particolare dall’accordo sul nucleare iraniano e rendendo così inevitabile l’assorbimento di Teheran nell’orbita strategica della Russia e della Cina. Denunciò anche il trattato Inf sugli “euromissili” essenziale per la stabilità in Europa e non fece nulla per rinnovare un Trattato strategico con la Russia, il New Start, salvato in extremis da Biden. La Russia di Putin non è stata da meno, violando palesemente il Memorandum di Budapest del 1994 con il quale proprio Mosca si era fatta garante «dell’indipendenza, sovranità e degli esistenti confini dell’ Ucraina» in cambio della rinuncia di quest’ultima all’arma nucleare. Da ultimo, Putin ha deciso di «sospendere l’applicazione » (di fatto una violazione) del trattato New Start, l’unico impegno che ancora vincola russi e americani in campo nucleare. Non passa giorno senza che un dirigente russo non minacci di far scomparire questo o quel Paese occidentale pur sapendo che la minaccia dell’uso della forza – e a maggior ragione la minaccia nucleare – costituisce uno dei motivi per l’espulsione dalle Nazioni Unite. Ma su questo fronte nessuno si muove. Putin ha posto in allarme sin dal primo giorno dell’aggressione all’Ucraina le sue forze nucleari e ha ora preannunciato lo schieramento di armi nucleari in Bielorussia ricordando, come se non lo sapessimo, che i suoi missili Iskander sono già dislocati nell‘ enclave di Koenigsberg (nel cuore dell’Europa) e hanno doppia capacità: nucleare e convenzionale.
L’appuntamento di Hiroshima è dunque un’occasione storica, offerta dal Giappone, per rilanciare il disarmo e la non proliferazione delle armi atomiche. Nell’attuale congiuntura di crisi e di guerra aperta non ci si possono aspettare miracoli. Ma anche nel pieno della guerra fredda fu possibile isolare il dialogo sul controllo degli armamenti dalle conflittualità in atto. Occorre che l’Europa, che sarà fortemente rappresentata al vertice di Hiroshima, faccia sentire autorevolmente la sua voce e che lo faccia l’Italia anche per compensare l’assenza di riferimenti al controllo degli armamenti nelle dichiarazioni programmatiche del nuovo Governo. Un lume di speranza si è acceso nelle scorse settimane con la proposta del gruppo “No First Use Global”, rete di organizzazioni impegnate nella riduzione del rischio nucleare, di rilanciare a Hiroshima il concetto della inammissibilità dell’uso e la minaccia dell’uso delle armi nucleari quale punto di partenza per riavviare il dialogo tra le parti. Tale concetto venne già sottoscritto dai venti leader dei Paesi G20 – inclusa la premier Giorgia Meloni – al vertice di Bali del novembre del 2022. Tra loro erano presenti i Capi di Stato e di Governo delle principali potenze nucleari: Cina, Francia, India, Regno Unito, Usa e Russia (rappresentata dal ministro degli Esteri Lavrov).
Dopo Hiroshima il concetto dell’inammissibilità dovrebbe essere riaffermato nei successivi incontri internazionali al più alto livello come il prossimo Vertice G20 che si terrà a New Delhi il 9 e 10 settembre prossimi. Esso dovrebbe poi acquistare valenza giuridica quale dettame di diritto internazionale attraverso apposite decisioni del Consiglio di Sicurezza e dell’Assemblea Generale dell’Onu. Questa iniziativa non apparirà sufficiente a coloro che si battono per la proibizione totale delle armi nucleari e sarà invece probabilmente osteggiata – per motivi opposti – da alcuni Stati nucleari. Ma il rischio più immediato da affrontare oggi è quello dell’impiego o della minaccia dell’impiego dell’arma nucleare in terra d’Europa. È imperativo che il mondo politico e la società civile si mobilitino affinché i “grandi della Terra” non ritornino da Hiroshima a mani vuote.
Ambasciatore, già presidente della Conferenza del disarmo a Ginevra e del Consiglio del Segretario generale dell’Onu per le questioni del disarmo