La buona notizia è che gli italiani si informano. Non solo sulle peripezie della politica o sugli imprevisti del Campionato. Ma anche sulla cultura, intesa magari nella formula allargata che si è ormai imposta anche nel nostro Paese: uno spettro che va dai classici ai best seller, inglobando la buona musica e non escludendo la buona cucina. E facendo spazio alle varie declinazioni del benessere, del tempo libero e degli stili di vita. Argomenti che interessano? Interessano sì, assicurano la sociologa
Lella Mazzoli e il giornalista
Giorgio Zanchini, ideatori e direttori del Festival del giornalismo culturale la cui seconda edizione si svolge a Urbino da oggi a domenica (per informazioni: festivalgiornalismoculturale.it). Molti gli ospiti, tra cui
Beppe Severgnini, Marco Belpoliti, Derrick de Kerckhove, Marino Sinibaldi e Italo Moscati. E molti anche i dibattiti, inaugurati questo pomeriggio dalla presentazione della ricerca appositamente realizzata dall’Università di Urbino. Un migliaio di interviste per cercare di capire attraverso quali canali gli italiani recuperino informazioni quando si tratta di comprare un libro o vedere un film, visitare una mostra oppure organizzare un viaggio.A illustrare i risultati dell’indagine saranno gli stessi Mazzoli e Zanchini, che hanno avuto un ruolo propulsivo nel progetto coordinato da Fabio Giglietto. In un contesto generale in cui Internet appare in crescita costante (se ne serve il 62% degli intervistati) e la televisione continua ad avere un peso decisivo (la percentuale balza al 90%), il primo elemento che salta all’occhio è la tendenza dei diversi media a mescolarsi tra di loro, senza tuttavia perdere la propria specificità. «C’è una connessione strettissima fra il prodotto culturale e il mezzo di informazione che lo veicola – sottolinea Lella Mazzoli –. I quotidiani e, in genere, la carta stampata continuano a rappresentare il riferimento principale per la scelta di un libro e di una mostra, mentre la televisione ha la meglio nell’orientamento dei gusti musicali e cinematografici, seguita rispettivamente da radio e periodici. Ma anche i lettori e gli appassionati d’arte ammettono che, subito dopo la recensione “scritta”, è ancora la tv a influenzare le loro scelte».Fra telegiornali (76%) e programmi di approfondimento (64%) è sempre la televisione a dominare la testa della classifica complessiva dei mezzi di informazione culturale, con il Web che si conquista un dignitoso terzo posto (57%). La stampa arranca (la prima voce, relativa alle pagine culturali dei quotidiani nazionali, non totalizza più del 45%) e la radio arriva addirittura ultima (le trasmissioni di approfondimento racimolano solo il 27%). «Ma attenzione – avverte Lella Mazzoli – perché la prospettiva cambia se proviamo a incrociare i dati. In questo modo ci si accorge, per esempio, che i radioascoltatori sono anche i più propensi a servirsi di Internet». Le fonti alle quale la Rete attinge, poi, sono anzitutto i siti dei quotidiani (32%) o i portali di aggregazione (30%). Molto distanziato Facebook, sia per quanto riguarda le segnalazioni degli “amici” generici (18%), sia per i commenti di giornalisti e opinionisti attivi sui social network (14%). «La mia impressione – osserva Giorgio Zanchini – è che qui affiori il fenomeno del passaparola: non misurabile, come sappiamo, eppure determinante per la popolarità di qualsiasi prodotto culturale. Nel complesso, comunque, mi pare che il quadro confermi la centralità dei mezzi di informazione tradizionali, carta stampata compresa, i cui contenuti si riversano attualmente nel contesto digitale. Persiste, in questo, la differenza caratteristica fra il mondo anglosassone, nel quale vige una mescolanza assoluta di generi e criteri, e quella “latina”, nello specifico italiana, dove invece permane uno stile di formazione, di orientamento e, in definitiva, di distinzione fra consumi più tradizionali (la lettura e la musica, per esempio) e altri più legati alla sensibilità contemporanea (il cibo, i viaggi)».Un’ultima cautela, forse la più significativa, è suggerita ancora da Lella Mazzoli, autrice del recente
Cross-news: l’informazione dai talk show ai social media (Codice): «Quella che ci viene restituita dalla ricerca non è un’immagine statica – dice – ma una sorta di proiezione di quanto sta accadendo, in particolare nel mondo giovanile. I ragazzi affermano di non seguire la radio, ma in radio ascoltano musica. E si dichiarano estranei alla tv, pur guardando in continuazione frammenti televisivi su YouTube. È una trasformazione delle abitudini che sottintende una grande curiosità per i temi della cultura. Ed è il dato più incoraggiante fra i molti che abbiamo raccolto».