Bene le scelte su Carige. Crisi bancarie da evitare. Assieme alle polemiche
L’intervento di 'messa in sicurezza' (chiamiamolo anche salvataggio) del governo su Carige ha sollevato un acceso dibattito tra maggioranza e opposizione su un nervo scoperto e un tema delicato per il Paese: quello della natura e ruolo delle banche e della strategia ottimale d’intervento in presenza di crisi.
Questo dibattito rivela ancora una volta che uno dei maggiori problemi dell’Italia che è culturale. Le forze politiche sono spesso molto meglio quando si trovano di fronte alla realtà a dover prendere decisioni in presenza di vincoli, che quando danno spazio alla fantasia in campagna elettorale o nelle polemiche in cui estremizzano accuse e responsabilità.
Le banche possono essere salvate solo in due modi: con i soldi dei contribuenti ( bail out) o con quelli di chi ha investito nella banca ( bail in), in ordine di rischio prima gli azionisti, poi i possessori di obbligazioni subordinate fino (in casi di estrema necessità) ai correntisti per la quota superiore a quella coperta dall’assicurazione sui depositi bancari. Il pendolo della 'moda' culturale e scientifica sul tema spiega il 90 percento delle differenze di approccio sui salvataggi bancari in Italia al di là delle polemiche. Subito dopo la crisi finanziaria globale la regola del bail-out dominava e le molte banche fallite negli Stati Uniti e in Europa furono salvate con i soldi dei contribuenti aumentando significativamente i debiti pubblici dei Paesi.
Le critiche furono che non era giusto e che si doveva evitare che una crisi bancaria rischiasse attraverso questo canale di innescare una crisi di debito pubblico. Inoltre per le banche sapere che comunque saranno salvate dai soldi pubblici crea pericolosi incentivi a comportamenti eccessivamente rischiosi favorendo le crisi.
Per questo motivo il pendolo oscillò subito dopo in direzione del bail-in e fu creata nell’Unione Europea una nuova normativa che stabiliva che il salvataggio dovesse avvenire attraverso azionisti, obbligazionisti e, in ultima ratio, correntisti della banca in crisi. Il salvataggio delle quattro banche italiane (CariFerrara, CariChieti, Banca Etruria e Banca Marche) ai tempi del governo Renzi avviene con le nuove regole. Che dimostrarono di creare ancora più problemi delle precedenti. Il salvataggio attraverso i soldi dei contribuenti è infatti quasi invisibile mentre il bail-in è molto doloroso perché mette in difficoltà o sul lastrico migliaia di risparmiatori, la questione inevitabilmente diventa di dominio pubblico e intacca la fiducia delle banche che è la loro risorsa fondamentale. Esistono banche gestite bene ed altre gestite male.
Ma quando una banca fallisce e i risparmiatori perdono i loro soldi è il bene 'fiducia generale nel sistema bancario' che viene intaccato. Non a caso l’unico settore dove le imprese fanno una colletta per evitare il fallimento di un concorrente è proprio quello bancario. Perché quel fallimento porterebbe più danni che benefici anche ai sopravvissuti. L’esperienza delle quattro banche fallite ai tempi del governo Renzi induce pertanto a tornare al vecchio modello, o meglio a temperare l’approccio del bail-in.
E dunque con il decreto Gentiloni, varato ai tempi della crisi di Mps e delle due banche venete, si mettono in campo misure e strategie che prevedono inizialmente una garanzia del governo sulle emissioni obbligazionarie che la banca in crisi fa per ricapitalizzarsi, fino a prevedere come ultima misura di emergenza la capitalizzazione a spese dello Stato (di fatto quasi un ritorno al bail-out). Tutto questo c’entra fino ad un certo punto con le polemiche di questi giorni.
Per quanto detto sopra le forze di governo hanno fatto bene ad intervenire tempestivamente ma dovrebbero ammettere che le polemiche lanciate ai tempi in cui erano all’opposizione erano sopra le righe. Affermare allora che non si sarebbe usato un euro dei contribuenti per salvare i banchieri (cosa che per fortuna non è stata fatta in questi giorni) voleva dire non capire quanto delicato sia il problema. E voleva dire confondere la banca con i suoi manager. La banca è uno snodo nevralgico del sistema economico e sociale.
Sono i nostri risparmi e le risorse necessarie per finanziare gli investimenti delle imprese. I salvataggi delle banche sono materia molto delicata e, come abbiamo evidenziato, le controindicazioni non mancano qualunque dei due approcci venga utilizzato. La disciplina attuale applicata con tempestività dal governo, combinata con una vigilanza molto severa che cerchi per quanto possibile di evitare che si arrivi alla crisi, rappresenta allo stato delle conoscenze attuali la via migliore. Dove sicuramente dobbiamo crescere è nella qualità del dibattito politico. I politici prima di prendere decisioni politiche producono cultura. E non dovrebbero mai dimenticare che l’uso strumentale a fini propagandistici di temi e argomenti fa un cattivo servizio a tutti perché produce il risultato di un’opinione pubblica sempre più disorientata e manipolabile.