Reagire alla confusione. Covid e scuola, il dovere (urgente) di dare certezze
Certezze sulla scuola, per favore. In questi giorni di metà estate le famiglie con figli chiedono soprattutto questo: avere una qualche sicurezza, e in fretta, circa quello che succederà a settembre con la ripresa dell’attività didattica. Le prese di posizione di esperti, politici o di figure istituzionali che rassicurano, consigliano, suggeriscono o cercano di persuadere, rischiano di confondere in assenza di decisioni chiare. C’è bisogno di accelerare e di mettere basi solide per il rientro: la ripresa non è così lontana. Anche perché chi decidesse oggi di vaccinarsi, adulto o ragazzino, in molti casi dovrà comunque aspettare un mese per la prima dose. Mentre è adesso che vanno decise molte cose fondamentali. Le lezioni saranno in presenza? Sì, questo è certo. Ma se un professore non è vaccinato potrà fare lezione? Gli studenti non immunizzati potranno usare i trasporti pubblici? Se uno studente, vaccinato o no, risulterà positivo, nella sua classe si tornerà tutti in Dad oppure resterà a casa solo lui? Cosa farà scattare le lezioni a distanza? I tamponi per i minorenni saranno gratuiti? A chi servirà, e per cosa, il Certificato Verde (o, se preferite, Green Pass?). E per il tracciamento, come ci si sta preparando?
Sono domande cui si potrà rispondere anche quando il quadro delle immunizzazioni tra il personale della scuola, e non solo, sarà più chiaro. Ma dilazionare alcune decisioni può rappresentare un problema: per capirlo basta immaginare quale reazione potrebbe suscitare la notizia di una scuola che dopo qualche settimana rimanda a casa i ragazzi. Una prospettiva angosciante, se si pensa ai risultati emersi dai test Invalsi di quest’anno: il sacrificio educativo dei giovani non ha insegnato niente? Oppure il profluvio di 100 e lode agli esami di maturità ha fatto dimenticare che rischiamo di perdere una generazione?
L’insegnamento di questi giorni è che la ripresa dei contagi avviene già d’estate, e non solo quando riaprono le scuole. Soprattutto se le persone, vaccinate o no, continuano a comportarsi come se il Covid non esistesse più e la variante Delta non si fosse mai generata. Lo dimostra ciò che è accaduto con gli assembramenti per i recentissimi Europei di calcio. Fortunatamente le misure prese in precedenza, e il piano vaccinale che prosegue, stanno mitigando l’effetto dei comportamenti dissennati. Ma si deve considerare che, pur di evitare nuovi possibili lockdown, il "partito" trasversale di chi, contro ogni evidenza, incolperà la scuola della ripresa dei contagi, invocandone la chiusura, avrà buon gioco se non gli saranno stati sottratti tutti gli appigli possibili.
I margini tecnici, ma soprattutto politici, per imporre vincoli, pare non ci siano.
Ed è qui che un grande Paese democratico dovrebbe fare una valutazione etica anche in termini di responsabilità. Una “comunità adulta”, cioè composta da figure che sanno assumersi un ruolo genitoriale ed educativo verso i più giovani, dovrebbe essere in grado di immunizzarsi in fretta, proprio per evitare di coinvolgere i più piccoli e quantomeno gli adolescenti in un percorso, quello della vaccinazione, che per prudenza, allo stato delle cose, potrebbe anche non doverli riguardare, salvo nei casi di particolare fragilità. La Germania, come altri Paesi, ha scelto questa strada. La corsa dei giovanissimi a immunizzarsi, per tornare a una vita il più possibile normale, compresa la scuola in presenza, è qualcosa di significativo. Ma la pressione sui ragazzini e le loro famiglie, per compensare il vuoto di generazioni e categorie che in chiave totalmente individualista si rifiutano di rispondere alla chiamata accampando alibi insostenibili, dovrebbe far meditare a lungo. Perché in una comunità in cui tutti gli adulti si sono protetti, e lo possono certificare, il Green Pass chiesto ai minori è sostanzialmente superfluo.
Settembre non è così lontano. La sola idea che la scuola possa ripartire tranquillamente, e soprattutto che non ci saranno sorprese al primo intoppo, è capace di trasmettere un messaggio importante a un Paese in piena emergenza educativa. Ma le certezze vanno date ora, il tempo degli esami di riparazione è finito.