«Effetto wow» . Costruire un nuovo ponte tibetano aiuta lo sviluppo della montagna?
Il rendering del progetto di ponte tibetano “Passerella delle aquile” nella Val Grande a Vezza d’Oglio (Brescia)
Un gigantesco sorriso di benvenuto della valle rivolto al turista o un’opera molto cara che rischia di incidere sulla vita della comunità locale? Nella prima interpretazione, si tratta della “Passerella delle aquile”, il progetto proposto da Diego Martino Occhi, sindaco di Vezza d’Oglio (Brescia): la realizzazione di una passerella di 465 metri sospesa a oltre 70 metri da terra. Un’infrastruttura all’imbocco della Val Grande di Vezza d’Oglio per unire due versanti della valle, in modo da agevolare anche l’accesso al Parco dello Stelvio. Nella seconda visione, riflessa da un gruppo di 300 cittadini di Vezza d’Oglio (sui 1.500 residenti), si tratta invece di un ponte tibetano che costerà circa 1,5 milioni di euro per servire un turismo “mordi e fuggi”, alterando il panorama montano. Ecco perché alcuni vezzesi hanno proposto e ottenuto un referendum consultivo sulla realizzazione del ponte della Val Grande che ci celebrerà il prossimo 25 giugno.
Si tratta della solita posizione di contrasto alle infrastrutture di zona, spesso tacciata di essere un freno sordo al futuro che bussa? «Per come è progettato, questo ponte è solo una passerella che unisce due versanti già legati in modi molteplici. Questa infrastruttura non serve a nulla, se non per un effetto “wow”, come hanno detto i rappresentanti comunali, a favore del turista» afferma Claudio Gasparotti, architetto vezzese, uno dei promotori del referendum. L’Amministrazione comunale ha spiegato che questo attraversamento sarà diverso dagli altri, trattandosi di un percorso di trekking adatto a tutti che permetterà di apprezzare meglio le bellezze della Valle. «Nella nostra economia locale – spiega il sindaco Occhi – il turismo è diventato un elemento importante. Quello che manca a Vezza d’Oglio è un qualcosa in più che attragga il turista: per questo nasce questo progetto ». Gasparotti risponde che ci sono già percorsi utili a questo scopo: «Una delle connessioni più affascinanti tra i due versanti è a 9 km dal Passo del Tonale: durante la Grande guerra, gli alpini costruirono una passerella nascosta per comunicare tra i due versanti. Recentemente questa è stata ricostruita per essere funzionale ad un percorso di interesse storico ed escursionistico». Il confronto di opinioni sul ponte tibetano di Vezza d’Oglio è una metafora del grande dibattito contemporaneo sulle infrastrutture di montagna, acuito dagli effetti dei cambiamenti climatici. La domanda di fondo è sempre la stessa: quanto è opportuno insistere su infrastrutture turistiche che incidono su paesaggi e territori? Non se lo chiedono solo nel bresciano.
A marzo scorso è stato depositato alla Provincia di Pistoia lo studio di fattibilità di un progetto per potenziare le stazioni sciistiche a cavallo dell’Appennino: costo previsto, quasi 16 milioni di euro. Abitanti della zona interessata hanno organizzato lo scorso 18 giugno una manifestazione per opporsi al progetto. n Italia esistono seimila chilometri di piste da sci: il 90% di questi è innevato artificialmente. E la neve sulle nostre vette, a causa del riscaldamento globale, è destinata a ridursi. Chi protesta ha spesso il timore che questi progetti siano solo una risposta tagliata sui fondi messi in campo dal Pnrr, in particolare nella realizzazione di infrastrutture montane e soprattutto in impianti di risalita. Nel 2021, il Club Alpino Italiano (Cai) ha criticato il piano di investimenti da 57 milioni della giunta del Friuli-Venezia Giulia per la creazione di nuovi impianti sciistici e l’ampliamento di quelli esistenti. E critiche di organizzazioni a vario titolo interessate alla montagna sono arrivate anche per gli impianti progettati per le Olimpiadi di Cortina, che seguono le realizzazioni per i Mondiali di Sci del 2021. Il sacrificio di suolo, affermano, sarà altissimo nell’area dolomitica che sta affrontando lo sgretolamento di parte delle vette a causa dei cambiamenti climatici. D’altra parte, bisogna riconoscere che chi propone investimenti di sviluppo spesso vive in queste aree e ha in mente una prospettiva di crescita, non di sfruttamento e distruzione del proprio habitat.
Tornando alla storia emblematica di questo dibattito, il sindaco di Vezza, Diego Occhi, con poco più di quarant’anni, è un Millennial e quindi portatore di una visione moderna, magari avveniristica, che potrebbe scontrarsi con un’interpretazione passatista dell’espressione “sviluppo del territorio”. Per questo sulla realizzazione di questa tipologia di infrastrutture è interessante ascoltare l’opinione di Brigitta Faverio e Stefano Morcelli, coordinatori del Gruppo Giovani del Cai: «Sarebbe utile slegare i concetti di “nuove infrastrutture” e “crescita turistica” – spiegano – per osservare con onestà le reali necessità di sviluppo economico e sociale di chi vive in questi luoghi, tra cui molti giovani del nostro gruppo. Da questo punto di vista opporsi ad alcune proposte significa offrire l’alternativa di uno sguardo con maggiore lungimiranza per quelle che possono essere le opportunità di sviluppo più adeguate, mantenendo integro l’equilibrio tra gli esseri umani e la natura che compone ecosistemi fragili da cui dipendono la vita dei residenti, ma anche dei visitatori».
Per Anna Giorgi, rettrice di Unimont, l’Università della Montagna di Edolo, polo della Statale di Milano, per qualsiasi opera è decisivo il computo di costi e benefici, cui va ricondotto anche l’impatto sull’agricoltura di zona e i benefici reali per l’economia locale, di cui il turismo è solo una variabile: «Non si possono realizzare opere solo per poter dire di averle fatte: bisogna valutarne l’impatto e coinvolgere i residenti nel progetto». Anche perché, come spiegano i “ragazzi” del Cai, la consapevolezza intorno a questi temi cresce sempre di più anche tra i turisti, che oggi cercano una natura meno addomesticata.
Una posizione simile a quella dell’Asvis, l’associazione dedicata alla promozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile, che in un position paper del 2022 sul tema, scrive: « La costruzione e gestione sostenibile del patrimonio edilizio e delle infrastrutture di una montagna moderna deve essere intesa nell’importanza delle azioni di accompagnamento delle misure di incentivazione in essere, necessarie perché la qualità della domanda e la capacità delle imprese locali di proporre una offerta di qualità inneschi circuiti virtuosi». E alla fine del dibattito, in ogni caso, arriva il conto.
Tornando alla struttura sospesa di Vezza, il ponte dovrebbe valere oltre 1,5 milioni di euro. Secondo il comitato referendario, ci vorranno molti anni prima di compensare l’investimento per la passerella, che avrà un ticket di accesso. Come potrebbero essere altrimenti spesi i fondi per il ponte? Il comitato menziona il supporto alle attività agricole, turistiche e artigianali già esistenti, la manutenzione delle reti idriche, l’eliminazione di barriere architettoniche, la promozione di nuove imprese e startup. Secondo il sindaco Occhi, però, «questo investimento dovrebbe generare un grande ritorno sul territorio. Pensiamo alla vicina Ponte di Legno, dove stanno creando impianti termali: anche a Vezza si potrebbero fare altre cose con quei soldi, ma l’investimento nasce per essere un volano generale di sviluppo economico». La parola adesso passa ai vezzesi, nella consultazione del 25 giugno. «Varie amministrazioni in passato non hanno tenuto conto di referendum consultivi come questo. Ma se avrà un esito negativo, e la cosa chiaramente mi dispiacerebbe, ho sempre detto che si terrà conto del risultato», assicura il sindaco. Visioni diverse per un interesse comune: salvare le comunità montane, sempre più a rischio di spopolamento.