Il dono della vita. La condanna dell'aborto, da papa Francesco a Madre Teresa
Nel riferire i discorsi di papa Francesco nel corso del Triduo Pasquale e nel giorno di Pasqua, l’accento è stato posto giustamente sulla condanna delle guerre e sulla costante richiesta di pace. Ma c’è anche un’altra sottolineatura che merita di essere ricordata, perché con la pace ha diretta attinenza. Ed è il rispetto della vita, a partire dalla vita nascente. Nelle meditazioni per la Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, a commento dell’undicesima stazione (Gesù grida il suo abbandono), Francesco invoca: «Nei bimbi non nati e in quelli abbandonati, fa’ che ti riconosca e ti ami». E nel Messaggio Urbi et Orbi del giorno di Pasqua ha scritto: «Come è tanto spesso disprezzato il prezioso dono della vita. Quanti bambini non possono nemmeno vedere la luce? Quanti muoiono di fame o sono privi di cure essenziali o sono vittime di abusi e violenze? Quante vite sono fatte oggetto di mercimonio per il crescente commercio di essere umani?».
Ancora nella Via Crucis (ottava stazione, Gesù incontra le donne di Gerusalemme) si legge: «Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare?». Domande che ci interpellano da vicino, mentre in Francia l’aborto diventa addirittura un “diritto”, viene inserito nella Costituzione e anche da noi c’è chi esulta per una simile aberrazione. Giuridica (come può essere un diritto qualcosa che nega in radice la possibilità di esistere di un’altra persona?), oltre che morale. La sottolineatura di Francesco, che ai bambini ha voluto dedicare la Giornata mondiale del 25 e 26 maggio, e che sull’aborto ha avuto parole durissime, definendolo senza mezzi termini «un omicidio», riportano alla mente il discorso di madre Teresa di Calcutta nel 1979, al momento di ricevere il Premio Nobel per la Pace: «Oggi il più grande mezzo – il più grande distruttore della pace è l’aborto (…) Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre (e spesso anche dei padri, potremmo aggiungere, specie quando non si assumono le loro responsabilità lasciando sole le donne con la loro terribile decisione, ndr)».
E questo, proseguì madre Teresa, «è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché, se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa impedisce a me di uccidere te e a te di uccidere me?». Sono espressioni che ci inchiodano alle nostre responsabilità. E che dovrebbero farci riflettere, specie in Italia, di fronte al terribile inverno demografico che attanaglia da diversi anni il Paese. Nel 2023, il numero di nascite, in calo per il diciassettesimo anno consecutivo, ha raggiunto un nuovo minimo storico dall’Unità (379mila). Dall’anno scolastico 2013-2014 sono stati “persi” 684.261 alunni. E 1.162 scuole sono state chiuse. Non tutto dipende dall’aborto, naturalmente. Ma nel 2021 (dati del ministero della Salute) l’aborto procurato ha mietuto 63.653 vittime. In Francia addirittura 234.300 e nel mondo i bambini abortiti sono il 52% di tutti i decessi planetari, prima causa di morte. Più delle guerre, più della pandemia e della povertà. I dati sono stati forniti dall’Oms e dell’Istituto Worldometer, ma anche solo renderli pubblici espone agli attacchi della potente galassia abortista, come è capitato ad esempio, non più tardi di un mese fa, all’emittente francese Cnews, che poi ha dovuto perfino scusarsi (e non si capisce per cosa).
Anche lasciando da parte ogni considerazione di carattere religioso e morale, ciò che questi dati ci dicono è che le parole di papa Francesco e di madre Teresa vanno prese tremendamente sul serio. Continuare a inneggiare all’aborto come un diritto, in presenza di un drastico calo delle nascite, equivale a ballare sul Titanic. Meno bambini, significa che molti insegnanti perderanno il loro posto di lavoro o non l’avranno mai, significa spopolamento delle aree interne, specie quelle di montagna, con danni anche ecologici rilevanti. Significa una sanità sbilanciata e sempre più pesante, data la presenza di un crescente numero di anziani. Significa l’insostenibilità del sistema pensionistico. Significa mancanza di creatività e innovazione, appannaggio soprattutto della giovane età. Significa anche tante altre cose e tutte non molto belle. Tra le quali, appunto, l’attentato alla pace, come diceva la Santa degli ultimi. E se lo ha detto lei, c’è da crederle.