Le guerre sono foriere di lutti e sofferenze atroci per le popolazioni dei territori in cui esse sono combattute e per i soldati e le loro famiglie. Questa affermazione non è né inusuale né tantomeno desueta. Meno usuale, piuttosto, è la valutazione degli effetti indiretti che le guerre sono in grado di generare in Paesi e regioni che solo apparentemente non sono interessati dai conflitti armati. Una delle grandi, ma purtroppo sottovalutate, conseguenze nell’operazione militare in Afghanistan da parte della comunità internazionale è stato il ritorno dell’eroina a buon mercato nelle nazioni occidentali e la comparsa in alcuni Paesi emergenti.È noto che l’85% dell’oppio a livello mondiale è prodotto in Afghanistan. Il regime talebano aveva nei fatti proibito la coltivazione di oppio che, però, era successivamente rifiorita in seguito all’operazione militare guidata dagli Stati Uniti. Negli anni successivi, lo scenario di estrema incertezza che ha dominato il Paese e l’incapacità di sostenere percorsi di diversificazione nella produzione agricola hanno in pratica agevolato l’espansione della coltivazione di oppio e della conseguente produzione di eroina destinata ai mercati occidentali. Tra il 2002 e il 2014 gli ettari destinati alla coltivazione di oppio erano infatti aumentati da 74.000 a 224.000. La situazione attuale sembra fornire, comunque, elementi in controtendenza. Secondo i dati presentati nell’ultimo rapporto
Afghanistan Opium Survey 2015 del Ufficio per le droghe e il crimine dell’Onu (Unodc) nel 2015 per la prima volta negli ultimi anni la coltivazione di oppio in Afghanistan è diminuita in maniera considerevole. In particolare l’area coltivata ha fatto registrare un decremento del 19% rispetto all’anno precedente con una perdita stimata di quantità prodotta pari al 48%. Di conseguenza, il valore all’esportazione degli oppiacei nel 2015 è stato stimato intorno a 1,5 miliardi di dollari contro una media nel periodo 2002-2014 pari a 2,5 miliardi annui. È sicuramente prematuro stabilire se questa riduzione possa costituire un punto di svolta per l’economia afgana.Il reddito netto per ettaro derivante dall’oppio, infatti, è stimato ancora tre volte più grande di quello derivante dalla coltivazione di grano (3.100 dollari contro 1.000) sebbene il gap tra le due colture si sia significativamente ridotto (nel 2011 l’oppio rendeva 10.700 dollari per ettaro contro i 1.000 del grano). In ogni caso, se la riduzione della produzione dovesse confermarsi nei prossimi anni, avremmo indubbiamente un vantaggio futuro nel breve periodo, in virtù di un aumento dei prezzi dell’eroina che si dovrebbe tradurre in una riduzione – seppur marginale – dei consumi. Negli ultimi anni, infatti, a causa della maggiore offerta i prezzi al dettaglio dell’eroina erano diminuiti e i consumi dello stupefacente a buon mercato erano aumentati. In Italia ad esempio, secondo i dati dell’European
monitoring centre for drugs and drug addiction dell’Unione Europea (Emcdda) il prezzo al dettaglio dell’eroina è diminuito del 24% tra il 2004 e il 2013, in Francia del 14% tra il 2005 e il 2012, in Spagna del 40% tra il 2004 e il 2013. L’aumento della disponibilità di eroina dipende non solo dall’incremento della produzione ma dall’aumento delle rotte possibili per il traffico. Le guerre e l’instabilità politica oltre a influenzare l’economia e la struttura produttiva dei Paesi, infatti, si associano solitamente all’espansione di traffici illeciti attraverso i confini spesso porosi di territori interessati da conflitti armati e dalla presenza di milizie, gruppi armati con fini politici o criminali. Inutile sottolineare che il traffico internazionale di eroina e oppiacei non si sottrae a questa ricorrente evidenza. Le rotte del traffico internazionale di eroina sono state tradizionalmente la rotta balcanica e la rotta settentrionale. La prima attraversa l’Iran, la Turchia, la Grecia e la Bulgaria per poi raggiungere i Paesi europei. La rotta settentrionale attraversa Tagikistan, Kyrgyzstan, Kazakhstan per arrivare alla Federazione Russa. Fenomeno quasi del tutto nuovo è quello evidenziato nel recente rapporto '
The afghan opiate trade and Africa' pubblicato dall’Ufficio sulle droghe e il crimine dell’Onu (Unodc). Diverse regioni dell’Africa sono divenute tra i principali punti di transito e di approdo dell’eroina afghana transitata attraverso la penisola arabica. Tale evidenza è confermata da un aumento del numero dei sequestri che convenzionalmente è la misura che approssima la quantità totale di droghe illegali che sono oggetto di traffici.In passato il traffico di eroina che transitava nel continente africano utilizzava il trasporto aereo. Negli ultimi anni, invece, il traffico marittimo sembra aver superato di gran lunga il traffico organizzato per via aerea. In primo luogo, seppur pleonastico è comunque necessario evidenziare che le regioni africane interessate hanno cominciato a soffrire conseguenze sociali evidenti a causa dell’aumento significativo del numero di tossicodipendenti. Attualmente secondo le stime disponibili l’11% dei tossicodipendenti a livello mondiale sono in Africa, di cui il 55% sono nei Paesi dell’area orientale. In secondo luogo, il rafforzamento di tali direttrici di traffico meridionali ha costituito un’alternativa alle rotte tradizionali prima citate che alimentano i mercati delle nazioni occidentali. Oltremodo preoccupante è, inoltre, l’espansione di attività e il rafforzamento di gruppi armati criminali. Tradizionalmente i gruppi criminali più grandi e meglio organizzati si ritiene siano quelli nigeriani. Non a caso, nel compilare le statistiche internazionali degli arresti per traffico internazionale di stupefacenti, i trafficanti di nazionalità nigeriana sono tra i più presenti. In Pakistan ad esempio, nel 2013 il 46% degli arrestati per traffico di eroina era di nazionalità nigeriana. Nel 2007, in una grande operazione di sequestro operata in Iran, su 90 arrestati 85 provenivano dall’Africa occidentale. Secondo molti osservatori, il coinvolgimento di gruppi nigeriani si può storicamente far risalire alla diaspora dell’etnia Igbo seguita alla guerra civile del Biafra di diversi anni fa. Attualmente, nell’area orientale del continente africano, si ritiene che alcune milizie e gruppi somali legati seppure in maniera indiretta al principale gruppo estremista Al Shabaab siano coinvolte nel traffico illecito.Questi brevi esempi mostrano come l’esistenza di conflitti armati non faccia altro che creare nuove opportunità per settori lucrativi come quello del traffico illecito degli stupefacenti e rende più facile, il finanziamento, il reclutamento e quindi il rafforzamento di milizie e gruppi criminali. Questi erodono e impediscono il rafforzamento di entità e istituzioni statuali cruciali per intraprendere percorsi di sviluppo economico e sociale di lungo periodo. Nel contempo, i Paesi occidentali soffrono gli effetti indiretti di conflitti armati solo apparentemente lontani a seguito della maggiore diffusione di sostanze illecite mortali come l’eroina.