L'analisi. Così il «rumore» dei giovani può cambiar volto alla Chiesa
Il Sinodo non è un evento bensì la tappa di un cammino. Per questo il frutto del Sinodo sui giovani non è tanto il documento finale, quanto ciò che di nuovo è germogliato nelle quattro settimane del tragitto comune e che potrà fiorire nelle diverse realtà locali che saranno capaci di dare carne e concretezza a questo processo. E la prima novità è che i giovani da 'oggetto' del Sinodo hanno saputo farsi soggetti, protagonisti di rinnovamento. Con le loro testimonianze fresche e appassionate, con le parole impregnate di vita e in tanti casi anche di ferite, coraggio e resilienza hanno aperto i lavori, ritmato il loro svolgimento, dilatato la formula sinodale. Veri maieuti di rigenerazione per tutta la chiesa. Grazie a loro, più che le parole scambiate e scritte ha assunto un ruolo cruciale, rigeneratore e autenticamente innovatore la dimensione metacomunicativa.
Importanti studiosi, da Bateson a Watzlawick alla scuola di Palo Alto, hanno da sempre indicato come le parole veicolano i contenuti, ma sono la dimensione non verbale e relazionale a determinare il più profondo significato della comunicazione. Si parla di metacomunicazione quando l’aspetto relazionale influenza in modo determinante l’intelligibilità di quello verbale, rafforzandone, negandone o riorientandone il contenuto. È la metacomunicazione che consente di riconoscere, negoziare, contestare, riformulare la definizione della situazione. La metacomunicazione 'incornicia' la situazione riducendo la complessità e facilitando la sintonia tra gli interlocutori poiché fornisce un orizzonte di riferimento comune. L’attenzione si sposta dall’informazione e dai contenuti trasmessi alla relazione. Se dico a qualcuno 'sei proprio un pazzo!' sorridendo e strizzando l’occhiolino faccio due cose: suggerisco una interpretazione non letterale della mia frase, che diventa quasi un complimento; promuovo una definizione della relazione improntata alla benevolenza, all’ironia, alla familiarità affettuosa. E se l’altro sta al gioco, la relazione si rafforza.
Attraverso la metacomunicazione si ridefiniscono dunque, contemporaneamente, i ruoli, la situazione, la relazione. In situazione di dissimmetria di potere la metacomunicazione è spesso l’unico modo per portare alla luce, e ridefinire simbolicamente, strutture di ruoli e gerarchie. È perciò un comportamento comunicativo raffinato, che richiede grande competenza e controllo dell’emotività. Grazie all'interazione coi giovani, i padri sinodali hanno svolto un vero itinerario metacomunicativo, passando da una comunicazione molto istituzionale e un po’ ingessata a un’autoironia che si è espressa nelle barzellette sulla chiesa (e persino sul Santo Padre!) raccontate dal cardinal Sako in aula fino alla partecipazione di molti cardinali al ballo di gruppo finale nello spettacolo organizzato dei giovani, passando per i tanti momenti di condivisione, i pasti e i selfie insieme: senza voler promuovere l’illusione di una inappropriata simmetria, i padri hanno saputo entrare nel gioco della reciprocità cui i ragazzi li hanno invitati.
E questo si è riverberato anche nei rapporti degli stessi padri tra loro. Da parte dei giovani, rispetto alla definizione della situazione e dei ruoli non c’è stata una contestazione, una controaffermazione, bensì una negoziazione che senza rifiutare la 'cornice' di riferimento è riuscita a dilatarla. Non 'la chiesa e i giovani', ma i giovani nella chiesa. Il metamessaggio di riduzione di distanze e crescente fiducia reciproca è diventato via via più chiaro con lo scorrere dei giorni osservando i volti, gli sguardi, le ridotte distanze interpersonali, i sorrisi. Prendersi reciprocamente sul serio mentre si condivide una definizione della situazione (sinodo, cammino insieme) significa anche fare un salto nella relazione, oltre che rafforzare il frame. Il piano della metacomunicazione consente inoltre una sorta di rovesciamento delle parti: chi veniva sottoposto a valutazione, a giudizio (i giovani in questo caso), assume il ruolo di chi può emettere un parere e, se il caso, una critica. Da universo sconosciuto, indecifrabile e per lo più problematico il mondo dei giovani, degnamente rappresentato dai 34 uditori da tutto il mondo, si è man mano rivelato ricchissimo di risorse. Senza i loro apprezzamenti educatamente rumorosi, senza la loro parresía, senza la passione dei loro interventi molti temi delicati non avrebbero potuto essere affrontati con tanta lucida serenità e tanta misericordia. Il cambiamento è stato tangibile. Sono letteralmente mutate nel tempo sia la prossemica (la distanza interpersonale, la distribuzione nello spazio, la gamma delle situazioni spaziali) che la postura, molto meno rigida, che la mimica facciale, molto più espressiva, aperta, sorridente. Una danza relazionale che ha saputo inventare coreografie via via più armoniose.
La capacità di metacomunicare è un segno di maturità, equilibrio, consapevolezza di sé, degli altri, della situazione. Ha veramente colpito questa competenza in persone così giovani, capaci di 'comunicare sulla comunicazione' e gettare un po’ di scompiglio nella definizione della situazione 'sinodo', riportandola al suo significato originario: non una procedura della chiesa istituzione, ma un cammino comune della chiesa popolo, tutta insieme. Quali comportamenti siano appropriati in una situazione dipende dalla definizione della situazione che i partecipanti avvallano con la loro interazione: prima di questo Sinodo il comportamento 'barzellette in aula' non era certo contemplato. Così come il minipellegrinaggio, la passeggiata comunitaria sulla via Francigena fino alla tomba di Pietro per circa 8 chilometri proposta da monsignor Fisichella e presa dapprima come una boutade, ma poi organizzata con tutti i crismi, compresi zainetti e cappellini: una versione 'esperienziale' del Sinodo che ha dato ulteriore concretezza al 'camminare insieme' e arricchito i registri comunicativi pertinenti alla situazione. Senza le risate, le camminate, le cene insieme, non avrebbe avuto tanto successo lo spettacolo finale organizzato dai giovani uditori: lettura di poesie, esibizioni canore, sketches, inframmezzati da esibizioni al piano del cardinale Baldisseri, il segretario generale la cui capacità comunicativa si è 'scaldata' man mano che i lavori procedevano. I due impeccabili presentatori, un ragazzo e una ragazza da due diversi continenti, sono riusciti a confezionare un capolavoro di ironia sulle procedure e il principio di autorità, in un sovvertimento carnevalesco – nel senso antropologicamente più nobile e autentico del termine – dei ruoli culminato nell’invito, accolto da molti cardinali, a unirsi a un liberatorio e festoso ballo di gruppo finale. Ballo al termine del quale, con eleganza, i ragazzi hanno espresso il loro auspicio per la chiesa che desiderano: «E ora i padri e le madri sinodali possono tornare a casa».
Nessuna rivendicazione. La cornice festosa ha consentito licenze che altrimenti sarebbero suonate polemiche, mentre lì hanno fatto sorridere e, magari, pensare. Chissà, forse senza questo ballo finale molti placet sul ruolo delle donne nella chiesa non sarebbero stati accordati. È la via di una rivoluzione dolce, intelligente, propositiva che ha a cuore prima di tutto la qualità della relazione, senza la quale nessun contenuto può passare davvero.