L’azione del maligno. Il «grande accusatore» torna a dividere la Chiesa
Le diable probablement direbbe ancora Robert Bresson. Ci sono però crinali nella storia in cui la sua azione sembra palesarsi più che esplicitamente, mostrando la faccia rabbiosa di 'cane sconfitto': quella dell’odio rancoroso, del divisore, del calunniatore, dell’accusatore. Come nel tempo attuale. Il tempo delle scorribande del 'grande accusatore'. «In questo momento ci sta accusando fortemente, e questa accusa diventa anche persecuzione» ha detto il Papa alla fine del Sinodo. Perché è proprio in questa effige di accusatore, in questo ruolo che gli è proprio, che oggi mostra il suo zampino sotto i panni lucenti dell’angelo purificatore dal piedistallo d’improvvisati sant’uffizi. Perché è proprio lì, anche dietro la maschera di una fede devota, all’interno della Chiesa, che il padre della menzogna e dell’inganno nel suo ruolo attivo di accusatore non disdegna celarsi, cercando di assestare le sue zampate con l’offesa (o scandalo) che è parte fondamentale della sua strategia ai fini del suo obiettivo di sempre: «Raffreddare l’amore di molti». Così «allora molti saranno offesi e si tradiranno e odieranno a vicenda» ( Mt 24,10).
Questa è l’opera omicida incessantemente perseguita dal demonio per separare da Dio e contrapporre gli uni agli altri. Del resto il padre della menzogna e della violenza vuole la divisione, perché sa che la testimonianza dell’amore reciproco che si dà tra i cristiani rende evidente la presenza di Cristo ai battezzati e ai non battezzati. Ed è proprio nella semina di dubbi, insidie e falsità, nell’atteggiamento di scherno e odio, nella mancanza di carità, nella mancanza di amore verso il prossimo che si palesa di più, perché le azioni del diavolo contro la Chiesa si vedono lì dove manca la carità e proprio lì ora sembra battere e colpire più forte. E se il 'grande accusatore' detesta l’amore per Dio e quello tra gli uomini, si deve perciò essere consapevoli del fatto che quanto più si fa presente l’opera salvifica di Dio per l’uomo, tanto più si scatenano le forze del Maligno. E che dunque la fedeltà al Vangelo e alla Chiesa, che rende più visibile la misericordia di Dio e l’amore del prossimo, è motivo di maggiori attacchi, anche diretti allo stesso Pontefice, il quale con il suo ministero presiede alla carità universale ed è garanzia dell’unità. E che infine è per questo che i Successori di Pietro hanno ravvisato e ravvisano situazioni in cui si rende necessario invocare anche coralmente l’intervento divino.
Come ha fatto il Papa attuale, nel contesto presente, «perché l’Accusatore attaccando noi attacca la Madre, ma la Madre non si tocca» e rivolgendosi con un appello al popolo di Dio ha chiesto preghiere speciali, invitando a recitare ogni giorno il Rosario «e a unirsi così in comunione nel chiedere alla Santa Madre di Dio e a san Michele Arcangelo di proteggere la Chiesa dagli attacchi del diavolo, che sempre mira a dividerci da Dio e tra di noi». Sono perciò da considerare anche queste difese spirituali uno dei «bisogni maggiori della Chiesa», come affermava Paolo VI: «Quali sono i bisogni maggiori della Chiesa? Non vi stupisca come semplicista, o addirittura come superstiziosa ed irreale, la nostra risposta: uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male che chiamiamo il demonio. Il male non è più soltanto una deficienza, ma una efficienza, un essere vivo, spirituale, pervertito e pervertitore. Terribile realtà».
Era il 1972 quando il santo papa Montini riferendosi proprio alla situazione della Chiesa, parlò del «fumo di Satana entrato nel Tempio di Dio per le finestre che invece dovevano essere aperte alla luce» quando «si credeva che dopo il Concilio sarebbe venuta una giornata di sole per la storia della Chiesa» ed era «invece venuta una giornata di nuvole, di tempesta, di buio». «Crediamo - affermava allora il Pontefice - in qualche cosa di preternaturale (il diavolo) venuto proprio a turbare, per soffocare i frutti del Concilio Ecumenico e per impedire che la Chiesa prorompesse nell’inno alla gioia di aver riavuto in pienezza la coscienza di sé». Qualche anno più tardi ammoniva con l’uscita dall’insegnamento biblico ed ecclesiastico chi si rifiutava di riconoscere la presenza diabolica come esistente, oppure la considerava «come una pseudo-realtà» e invitava anzi a rivestirsi «dell’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del diavolo». «La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne - spiegava - ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra. 'Prendete perciò l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno malvagio e restare in piedi dopo aver superato tutte le prove' ( Eph. 6, 11-13)». Un discorso, quest’ultimo, rivolto allora da Paolo VI alla Compagnia di Gesù, e non a caso ripreso di recente proprio dall’odierno Papa gesuita, il quale non sembra aver ingaggiato solo da adesso la lotta ai «Potestà» e ai «dominatori di questo mondo di tenebra».
Papa Francesco si è distinto per le numerose volte nella predicazione quotidiana in cui ha parlato dell’agire del diavolo e di come imparare dal Vangelo come lottare contro di lui. In cinque anni lo ha fatto più di quanto lo abbiano fatto insieme i suoi predecessori nell’ultimo mezzo secolo. Fin dall’omelia della prima messa concelebrata con i cardinali nella Cappella Sistina all’indomani dell’elezione, il 14 marzo 2013, papa Bergoglio, citando una frase di Léon Bloy, aveva affermato: «Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo». Rivolgendosi alla Gendarmeria vaticana il 28 settembre 2013 ricordava che «il diavolo cerca di creare la guerra interna, una sorta di guerra civile e spirituale». In una delle omelie mattutine spiegava che «il diavolo ha due armi potentissime per distruggere la Chiesa: le divisioni e i soldi. Il diavolo semina gelosie, ambizioni... O semina cupidigia... È una guerra sporca quella delle divisioni è come un terrorismo». Il 20 settembre scorso da Santa Marta, puntando il dito sugli ipocriti che sono una persecuzione per la Chiesa, aveva detto: «Il cavallo di battaglia del diavolo è l’ipocrisia, perché lui è un bugiardo: si fa vedere principe, bellissimo, e dietro è un assassino... il diavolo è impotente con i peccatori pentiti ma è forte con gli ipocriti, li usa... sono lo strumento del diavolo per distruggere la Chiesa». La rassegna dello smascheramento delle azioni diaboliche è lunga. «Non pensiamo dunque che sia un mito, una rappresentazione, un simbolo, una figura o un’idea - ha spiegato nella Gaudete et exsultate - Tale inganno ci porta ad abbassare la guardia, a trascurarci e a rimanere più esposti. Lui non ha bisogno di possederci. Ci avvelena con l’odio, con la tristezza, con l’invidia, con i vizi». E può portare alla «corruzione spirituale», che «è peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l’inganno, la calunnia, l’egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità».
Un linguaggio di scherno e di odio verso i fratelli (come anche quello di tanti pulpiti digitali che si dicono cattolici) la maldicenza, «le chiacchiere» rivelano per il Papa la difficoltà a riconoscere il male come tale e quindi il suo non riconoscimento è l’origine più radicale di questa «corruzione spirituale» che porta a prestarsi all’azione diabolica. Ma c’è anche un altro aspetto drammatico che il Papa ha più volte evidenziato: «Oggi c’è una forza, io direi un accanimento contro l’uomo e la donna, perché, altrimenti, non si spiegherebbe questa ondata in crescita delle distruzioni dell’umano». Francesco osserva come ciò che vuole il demonio sia proprio «la distruzione della dignità» e «per questo perseguita» per distruggere l’umanità… «Oggi, nel mondo, non solo i cristiani sono perseguitati; ma l’uomo e la donna in quanto tali, tramite la guerra, la fame, la schiavitù perché il padre di ogni persecuzione non tollera che siano immagine e somiglianza di Dio. E attacca e distrugge quell’immagine. Non è facile da capire questo; ci vuole tanta preghiera per capirlo».
E se «Cristo stesso ha insegnato a chiedere ogni giorno questa liberazione perché il suo potere non ci domini», per il Papa proprio la vita terrena di Cristo può considerarsi «come una sorta di caveat, un esempio, per la vita spirituale di ciascun cristiano». Per il combattimento, spiega ancora Francesco, «abbiamo le potenti armi che il Signore ci dà: la fede che si esprime nella preghiera, la meditazione della Parola di Dio, la celebrazione della messa, l’adorazione eucaristica, la riconciliazione sacramentale, le opere di carità, la vita comunitaria, l’impegno missionario». «Non siamo ingenui né codardi: camminiamo attenti e anche soprattutto consapevoli che Cristo ha già vinto e ci accompagna sempre». E se papa Francesco insiste tanto a mettere in guardia contro le mancanze di carità e di misericordia è perché «lo sviluppo del bene, la maturazione spirituale e la crescita dell’amore sono il miglior contrappeso nei confronti del male». Quanto ai momenti più critici «l’unica cosa è pregare, fare penitenza» e alla fine «andare dalla Madre, come i bambini… lei ci custodisce». Come i Padri della Chiesa, soprattutto i mistici russi consigliano «nel tempo delle turbazioni spirituali»: «Rifugiarsi sotto il manto della Madre di Dio». «Andare dalla Madre - conclude il Papa - che lei ci aiuti in questa lotta contro lo sconfitto, contro il cane incatenato per vincerlo». Ma ce n’è anche un’ultima da fare con «lo ’mperador del doloroso regno»: «Non dialogare con lui», perché con lui non si dialoga. Mai.