L'analisi. Così il consumo di pornografia guasta le relazioni e l'amore
La cosa forse più insidiosa dell’individualismo che segna il nostro tempo è che abbiamo perso, chi più chi meno, la percezione di quanto ogni nostro atto, anche il più piccolo, generi nella realtà effetti imprevedibili che si riverberano non solo su noi stessi ma anche sugli altri. La nostra percezione attuale è che ciò che facciamo, soprattutto se riguarda direttamente solo noi, non possa che avere ricadute esclusivamente personali; in buona fede pensiamo perciò che per una buona vita di relazione sia sufficiente rispettare la reciproca libertà di azione ed evitare atti che possano ledere direttamente le altre persone. In realtà, la struttura profondamente sociale e relazionale dell’essere umano comporta un costante e reciproco influenzamento, sia positivo che negativo: una consapevolezza, questa, che in un passato che appare lontanissimo portava gli adulti ad educare i ragazzi tenendo conto dell’esistenza e della sensibilità degli altri.
Eppure, è sufficiente provare a farci caso. Pensiamo ad esempio semplicemente a come si riflette sul nostro umore incontrare persone sorridenti e gentili, o al contrario persone brusche e corrucciate: anche se l’altro è solo il giornalaio, o il barista, o la cassiera del supermercato, e dunque anche se il suo eventuale malumore non è certamente rivolto a noi, i modi bruschi o scortesi ci provocano sempre un sottile disagio, che tendiamo senza accorgerci a scaricare a nostra volta sugli altri. Anche in un estraneo, invece, i modi gentili ci fanno sentire a nostro agio e ci influenzano positivamente: i nostri “neuroni specchio” registrano inconsciamente il sorriso dell’altro e predispongono anche il nostro viso a un’espressione più benevola. Ma anche le situazioni che viviamo del tutto da soli, che consideriamo esclusivamente personali, e che sembrano perciò prive di conseguenze sugli altri, hanno in realtà più di quanto pensiamo delle ricadute complesse sul piano relazionale e sociale; penso per esempio al fenomeno pervasivo del consumo di pornografia online, del quale solo recentemente si è cominciato a parlare con maggiore preoccupazione.
Chi consuma pornografia lo fa di solito segretamente e da solo, e anche quando ne provasse un senso di disagio o di vergogna, è certamente molto lontano dal ritenerlo un atto capace di avere conseguenze negative sugli altri, soprattutto sulle persone vicine. Purtroppo la pornografia online non risparmia nessuno, neppure nel mondo cattolico: non le persone sposate, non i sacerdoti, non i consacrati. Per la maggior parte delle persone credenti, il consumo di pornografia e la conseguente masturbazione non sono azioni “normalizzate”, ma comportano ancora, generalmente, una sensazione di malessere; credo però che la maggior parte di noi ritenga che si tratti soprattutto di una disobbedienza al sesto comandamento e di un peccato contro la castità; un peccato “solitario”, e dunque una debolezza minore da confessare e dimenticare. Si tratterebbe di una debolezza contro cui lottare, ma che fortunatamente riguarda solo colui che, segretamente, la compie.
In realtà, oltre alla più evidente conseguenza sociale che consiste nell’incrementare un mercato miliardario di sfruttamento, quando si ascoltano professionalmente le confidenze personali e quelle delle coppie emerge un quadro nel quale l’uso abituale della pornografia non coinvolge solo il protagonista, ma allarga la sua influenza in maniera importante sulle persone che sono in relazione con lui. Nella persona sposata, ad esempio, la pornografia comporta una modificazione progressiva del modo in cui viene vissuta la sfera sessuale, con ricadute spesso problematiche sulla relazione di coppia. Il maschile e il femminile hanno modi molto diversi di sperimentare l’eccitazione sessuale: quello maschile è caratterizzato da una risposta rapida agli stimoli, soprattutto di tipo visivo; quello femminile è fisiologicamente più lento, progressivo, e fortemente influenzato da elementi affettivi. Perché la coppia possa sperimentare una buona intesa sessuale, il maschio deve perciò imparare un buon controllo della propria eccitazione e assecondare i tempi più lenti della donna; la donna deve a sua volta comprendere in che modo, senza tradire se stessa, può stimolare e sostenere l’eccitazione dell’uomo.
Ogni coppia sa che non è sempre facile armonizzare i tempi dell’uno e dell’altra, calibrare sesso e tenerezza, imparare il linguaggio giusto per una buona sessualità; ogni coppia sa che sono necessari tempo, confidenza, rispetto e amore. È questo equilibrio difficile e prezioso ciò che rappresenta, nella coppia, la castità della relazione. Nella ricerca di questo delicato equilibrio, la pornografia è una trappola pericolosa; si tratta infatti di un mercato costruito appositamente per intercettare il modo di funzionare dell’eccitazione maschile: stimoli visivi, diretti, fortemente e rapidamente eccitatori. L’uomo che frequenta questo tipo di stimoli sviluppa spesso una progressiva difficoltà a rispondere alle sollecitazioni sessuali della donna che si trova accanto, con il suo corpo reale e imperfetto, con i suoi desideri sessuali e le sue esigenze affettive, con i limiti che a volte gli pone rispetto a fantasie cui la pornografia ha dato vita e legittimità. S to incontrando nel mio lavoro troppe coppie in cui, per colpa della pornografia, l’intimità sessuale muore precocemente, anche se non è venuto meno l’affetto; sto incontrando troppe donne che si interrogano sulla scomparsa del desiderio nel proprio uomo, o su sue apparenti e inspiegabili disfunzioni sessuali. Sto incontrando anche troppi uomini giovani che non si arrischiano a dare vita a relazioni reali con donne reali, che sarebbero affettivamente più complicate e sessualmente meno coinvolgenti delle donne “virtuali”.
C’è poi il tema difficile dei religiosi e dei laici consacrati, per i quali la scelta consapevole della castità rappresenta un elemento cruciale della chiamata personale. Per loro, come per ogni altro maschio, la sfida positiva è quella di imparare a incontrare in modo fecondo la donna nelle sue diverse configurazioni: la donna come amica, sorella, figlia, madre e donna erotica. Saper riconoscere e incontrare queste diverse figure nelle donne concrete e saper declinare con amore e rispetto la relazione personale con ciascuna è compito di ogni uomo, ma è specifica dell’uomo consacrato la scelta di rinunciare all’incontro erotico con la donna, per riservare il suo cuore a un altro e più grande Amore. Il ricorso alla pornografia, che può apparire come un temporaneo sollievo o essere vissuto come un male minore di fronte alle inevitabili difficoltà nel gestire la propria sessualità, apre purtroppo ogni maschio, e dunque anche il sacerdote, a uno sguardo che corrompe l’immagine della donna e impedisce di stabilire con lei rapporti sereni e fecondi. In chi ha scelto di rinunciare per vocazione all’esercizio attivo della sessualità, la conseguenza è purtroppo spesso un cattivo rapporto con il femminile, perché la donna reale viene vissuta inconsapevolmente come un oggetto pericoloso, dal quale prendere rigidamente le distanze per difendersi, o a cui si è invece destinati a soccombere.
Neuropsichiatra