Politica. Così dalla crisi del populismo può rinascere il popolarismo
La fase aperta dal governo Draghi archivia l’anti-politica e mette alla prova la politica Chiamata a rappresentare le vere istanze della società guardando al bene comune
L’era Draghi archivia le dirette Facebook. È stato detto che l’arrivo a Palazzo Chigi dell’ex presidente della Bce rappresenti la sconfitta della politica. In realtà, più che la politica, in crisi sembra l’antipolitica. La pandemia impone di prospettare soluzioni all’altezza dell’enorme sfida in atto e le narrazioni a uso e consumo della propria base elettorale, spesso prive di praticabilità concreta, non reggono alla prova dei fatti. Non regge soprattutto l’idea di fare a meno dell’Europa. E così un Parlamento a larga maggioranza populista, sovranista ed euroscettica si ritrova, a tre anni dall’elezione, a dare ampio sostegno all’uomo simbolo dell’unione monetaria. Ma l’assembramento di 'convertiti' all’europeismo resta carente di pensiero e mancante di solide radici. Soprattutto scarseggia il pensiero 'popolare', legato alla più antica tradizione europeista italiana, la stessa che esprime la guida della Commisione con Ursula von der Leyen, esponente dei cristiano-democratici tedeschi.
Entrato in crisi il populismo, forse – nel Paese di Alcide De Gasperi – è il momento giusto per riscoprire il popolarismo. Quella «buona politica» al centro dell’ultimo libro di padre Bartolomeo Sorge, Perché il populismo fa male al popolo. Le deviazioni della democrazia e l’antidoto del 'popolarismo' uscito per le edizioni Terra Santa. E ora che il contesto appare repentinamente mutato viene in aiuto un nuovo volumetto ( Liberi non si nasce ma si diventa. Attualità del pensiero di don Luigi Sturzo) da poco uscito per l’Editoriale scientifica. A curarlo Maria Chiara Mattesini, ricercatrice dell’Istituto Sturzo. È una sintesi delle riflessioni scaturite a un secolo dall’appello 'ai liberi e forti' del gennaio 1919. Il popolarismo, scrive nell’introduzione Giovanni Dessì, docente di Storia del pensiero politico a Tor Vergata, a lungo segretario dello Sturzo, «dà voce alle diversità dei cittadini, dei gruppi sociali », mentre il populismo «antiistituzionale e antipolitico», resta collocato «in una prospettiva fortemente identitaria». È l’eterna lotta fra realismo e astrazione. Buono per convogliare consensi dalla protesta popolare, il populismo si rivela, specie nei momenti di difficoltà, inadeguato e forse nemmeno interessato a superare i conflitti e i problemi che l’hanno prodotto e lo alimentano.
Mentre il «realismo» sturziano «non cade nell’errore di contrapporre popolo e istituzioni» e il popolarismo diventa un «metodo di partecipazione alla vita civile». Il suo rilancio, però, deve far tesoro della lezione venuta dalla ventata antipolitica. Mattesini individua degli «elementi sani del po- pulismo» presenti già in Sturzo: «Questo 'stare in mezzo alla gente' ha una valenza negativa, vuol dire omologazione, massificazione e, a uso di alcuni politici, significa assecondare le passioni più basse in nome del consenso. Ma ha anche una valenza positiva », che impone di evitare un «isolamento elitario». Vengono in soccorso i concetti sturziani di 'corpi intermedi', 'autonomie locali', 'pluralismo' alla base della nostra democrazia parlamentare, in cui ogni parte ha una sua dignità, ma nel quadro di una comune cittadinanza, come lo stesso Draghi ha richiamato nelle dichiarazioni programmatiche in aperta sintonia con Sergio Mattarella.
Da dove ripartire? In un documento pubblicato da Formiche, Mario Mauro e Giuseppe De Mita – l’uno ex ministro della Difesa, leader dei Popolari per l’Italia; l’altro ex vicesegretario dell’Udc e promotore di 'l’Italia è popolare' – registrano che il popolarismo «non è più un’evocazione nostalgica, ma orgogliosa rivendicazione, dopo le sbornie demagogiche dei populismi », come conferma «la pluralità di iniziative associative, culturali, elettorali» che vanno in quella direzione. La nascita del governo Draghi impone alla politica di tornare a essere «rappresentanza delle istanze reali della società e di dare loro risposte concrete». Di qui l’invito a unire le forze per dar vita a «un partito di patrioti italiani desiderosi di battersi per la comune patria europea ». Primo passo un Webinar in programma sabato 13 marzo. Lorenzo Dellai vi parteciperà, perché condivide lo spirito 'inclusivo' di questo documento, e auspica che «queste iniziative inizino a coltivare tra di esse rapporti e a mettersi in rete», dando vita a una «pluralità nell’unità». Ma – avverte l’ex presidente centrista della Provincia di Trento, la terra di De Gasperi – il popolarismo «non può ripartire dal Palazzo, in modo autoreferenziale, né può essere un generico richiamo a dei valori. Deve far crescere dal basso, dall’esperienza concreta, una nuova classe dirigente».
Sturzo era convinto assertore della legge elettorale proporzionale, legata a un’idea di politica che rifugga dai massimalismi di 'guelfi e ghibellini' per privilegiare il pragmatico perseguimento del bene comune, pienamente compatibile, con la fase interpretata da Draghi. Fra l’assolutismo dell’individuo al centro delle politiche liberiste e la mistica dell’egualitarismo delle dottrine marxiste, replicato in qualche modo dall’«uno vale uno» di marca populista, «la dottrina sociale della Chiesa indica una nuova possibilità», sottolinea Stefano Za- magni, presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali: l’alleanza fra un nuovo ambientalismo meno ideologico e la visione cattolica, come accade in Germania e come accade ora anche sullo in Europa. «Nella Fratelli tutti per la prima volta – nota Zamagni – un’enciclica dedica un intero capitolo alla 'buona politica'. Nei populismi non esiste il popolo, esistono il leader e la massa. Ma il Papa critica anche le politiche neoliberiste, perché il mercato da solo non è in grado di risolvere le disuguaglianze. Si occupa della crescita del Pil, disinteressandosi di come la torta venga divisa». Zamagni, pur rifiutando categoricamente di esserne il leader, è autorevole promotore di 'Insieme', il nuovo partito nato dall’iniziativa di intellettuali ed esponenti di area cattolica impegnati a vario titolo nel sociale che – di sicuro – non è stato aiutato dall’avvento della pandemia nel suo intento di strutturarsi nel territorio. Ma l’impresa prosegue: «Francesco – rimarca Zamagni – parla di 'amicizia sociale' mettendo al centro l’idea di fraternità, e invita i credenti a non restare alla finestra, a impegnarsi per il bene comune. C’è uno spazio enorme per una nuova proposta politica».
Nello spirito inclusivo che intende darsi questa rete di popolari c’è anche il tema del raccordo con parlamentari che si muovono nella stessa direzione. Dentro Forza Italia l’era Draghi restituisce centralità a quegli esponenti (Brunetta, Carfagna, Gelmini) che si sono battuti più di altri per marcare l’appartenenza al Ppe. Gianfranco Rotondi è fra quelli che, invece, auspica un contenitore del tutto nuovo che metta in relazione le istanze democristiane e il nuovo ambientalismo. Intanto l’Udc, che presidia da tempo il campo europeista cristiano- democratico, è stata inopinatamente tenuta fuori dalle nomine dei sottosegretari. Ma la senatrice Paola Binetti non ne fa un problema di bandierine o primogeniture: «Di fronte a tante nuove aperture all’Europa, tutte positive, la gara non è a chi arriva prima, ma a chi declina meglio certi principi e certi valori in politica. È il momento della generosità. E fa bene Draghi, come già Mattarella, a indicare nel vaccino disponibile per tutti la frontiera più attuale in Europa per il bene comune».