Per Confcooperative non esiste altro percorso che quello della legalità, una linea che sosteniamo da sempre e continueremo a sostenere con fermezza, individuando le misure più adeguate insieme a magistratura e forze dell’ordine, Anac e Ministero dello Sviluppo Economico. Vogliamo essere protagonisti di un cambiamento e dare il nostro contributo per il ripristino della legalità e per questo abbiamo dato vita al progetto 'Stop False Cooperative'. Da tre mesi le organizzazioni Confcooperative, Legacoop e Agci, unite nell’Alleanza delle Cooperative, sono impegnate nella raccolta di firme per la legge di iniziativa popolare contro le false cooperative. Abbiamo già raccolto 42mila firme (ne occorrono 50mila in sei mesi) contro le cooperativefantasma, imprese che fanno concorrenza sleale, evadono tasse e contributi e non rispettano i diritti dei lavoratori. I nostri centri studi stimano in oltre 120mila i lavoratori di imprese che non aderiscono all’Alleanza delle Cooperative e che operano all’interno di false cooperative di servizi (logistica, facchinaggio, pulizie, multiservice), in un limbo non monitorato, senza tutele o con garanzie parziali con una perdita netta, in termini fiscali e previdenziali, di oltre 750 milioni di euro l’anno. Una concorrenza che determina danni di immagine, oltre che economici, alla buona cooperazione. Una cattiva economia che scaccia la buona, prova ne sia che oltre 4mila cooperative tra quelle che operano legalmente, corrono il rischio di
morire di legalità a causa della concorrenza criminale delle false cooperative. La necessità di imporre regole e ripristinare la legalità non si ferma qui. Se le false cooperative sono un male evidente e un fenomeno conosciuto su cui occorre solo poter intervenire insieme al Ministero con controlli più serrati e insieme ai sindacati per denunciare il non rispetto dei contratti per i lavoratori, un fenomeno altrettanto pericoloso è rappresentato dalle vere cooperative che smarriscono la strada. Un esempio sono le cooperative coinvolte nell’inchiesta 'mafia capitale' che hanno applicato correttamente i contratti di lavoro, hanno versato regolarmente i contributi, ma sono state guidate da un management senza scrupoli, si sono aggiudicate le gare di appalto corrompendo chi era preposto al controllo, tanto tra la politica, di ogni colore, tanto facendo breccia dentro i gangli di una parte della Pubblica Amministrazione e delle Istituzioni, a tutti i livelli. Ci sono però dei punti sui quali urge fare chiarezza. Siamo di fronte a un fenomeno patologico del Paese che secondo il rapporto annuale di Transparency International vede l’Italia come il Paese più corrotto d’Europa davanti a Bulgaria e Romania. Corruttore e corrotto si accordano per frodare la collettività. Lo abbiamo visto nel caso di 'mafia capitale', nel caso degli appalti per Expo e per il Mose dove sono affiorati nomi di grandi imprese di capitali, anche se nell’occhio del ciclone resta solo e sempre la cooperazione. Con questo non vogliamo eludere le responsabilità, accampare alibi o dire che dal momento che rubano gli altri, ci sta che rubino anche le cooperative. Al tempo stesso però non accettiamo che una decina o poco più di cooperative, impelagate in inchieste di corruzione, bastino per fare processi sommari e arrivare al risultato che cooperazione = corruzione. Così come occorre far chiarezza su altri elementi ed uno di questi è la dimensione delle cooperative. Dimensione e corruzione non vanno a braccetto. Non si può dire che una grande cooperativa non sia più una cooperativa autentica o che una grande cooperativa automaticamente si presti alla corruzione. Se i soci partecipano da protagonisti alla vita della cooperativa, questa è autentica a prescindere dalla dimensioni e dentro quella cooperativa i soci, consapevoli del loro ruolo, esercitano essi stessi funzione di controllo. Potremmo imbatterci in una cooperativa di piccole dimensioni, ma che utilizzata, strumentalmente, è un concentrato di illegalità. E questo vale per le piccole imprese di qualunque natura: cooperative, Spa o Srl che siano. L'Italia ha un numero enorme di microimprese, micro cooperative e pmi. Tra le 30 cooperative più grandi d’Europa non ne troviamo una italiana. Cadiamo nell’eterno paradosso di essere considerati troppo grandi in Italia, ma piccoli nel confronto con le imprese e cooperative straniere competitrici dei nostri imprenditori e cooperatori. È una palude ideologica dalla quale dobbiamo uscire, soprattutto perché vanno ridisegnate le politiche di sviluppo dopo 7 lunghi anni di crisi. Le cooperative sociosanitarie raggiungono ogni anno 7 milioni di famiglie erogando, in via sussidiaria al pubblico, servizi di welfare per minori, anziani e persone svantaggiate (che attraverso loro trovano anche un lavoro stabile). Le cooperative agroalimentari realizzano un quarto della produzione agroalimentare del Paese, aggregano 800mila soci produttori e ne valorizzano il lavoro, perché portano quel prodotto dove il singolo produttore non arriverebbe mai da solo riuscendo così a remunerare i propri soci produttori agricoli. Il Credito cooperativo negli anni del
credit crunch (insufficienza nell’offerta di credito) ha continuato a garantire impieghi per famiglie (1 casa su 6 è acquistata con mutuo Bcc) e imprese (il 21% del credito agli artigiani arriva dalle Bcc). Operai di imprese fallite diventano imprenditori di se stessi rilevando l’impresa fallita che ricostituiscono investendo il loro Tfr. Imprese cooperative di grandi dimensioni che hanno salvato in Italia alcuni dei migliori marchi della nostra tradizione agroalimentare (è il caso ad esempio di Cirio). È un lavoro silenzioso, che viene svolto ogni giorno da 1,3 milioni di persone occupate in Italia, 5,4 milioni in Europa, 250 milioni nel mondo dove le imprese cooperative sono dimensionalmente grandi quanto, se non più, le società di capitali. Se fossero riunite in uno Stato, le cooperative sarebbero la settima potenza economica del mondo. Condanniamo 'mafia capitale', ma rifiutiamo che la spettacolarizzazione dell’azione criminale di alcuni amministratori di cooperativa cancelli con un colpo di spugna tutto il resto. Serriamo i ranghi. Stringiamo i controlli, per le cooperative ma anche per le imprese in generale e sulla politica. Perché se c’è chi è pronto a corrompere, danneggiando l’economia pulita, è anche vero che c’è chi è pronto a essere corrotto o addirittura a 'richiedere' alle imprese comportamenti illeciti. Noi siamo pronti a lavorare con le istituzioni, ma siamo stanchi di processi sommari fatti ogni giorno. Occorre uno scatto di reni da parte di tutti. È necessario unire le forze migliori del Paese, far leva sulla capacità di fare sistema, in una rete di protezione che sia in grado di rilanciare l’economia migliore, emarginare chi delinque, dare al nostro territorio e alle generazioni future una speranza. Oltre questa prospettiva, c’è una notte senza stelle, teatro di una caccia alle streghe che non rende giustizia a nessuno.
* Presidente di Confcooperative