Il direttore risponde. Convivenza e matrimonio: la fatica la gioia e la santità nel «ritorno a casa»
Caro direttore,
ho trentatré anni, ho iniziato il cammino in preparazione del matrimonio e, se Dio vorrà, a maggio mi sposerò. Stamane, leggendo alcuni articoli riguardo al Sinodo mi sono imbattuto, a pagina 4 del suo quotidiano, in un articolo dal titolo: “Spunti di santità nei conviventi? Noi ne incontriamo ogni giorno”. Non le nascondo il mio sbalordimento, perché la mia esperienza dice proprio il contrario. Ma mi permetta di raccontare con ordine. Sono fidanzato con Marta da quasi due anni anche se ci siamo conosciuti appena un mese e mezzo prima. Entrambi lavoriamo, lei è fortunatamente insegnante di ruolo, mentre io ho, a fasi alterne, cambiato moltissime aziende a causa di una persistente precarietà. Sono malato, a causa di ciò ho temporaneamente perso la vista da un occhio e attraverso un intervento chirurgico potrò recuperarla, ma non si sa se durerà: allora perché rischiare un passo del genere? Cosa ci spinge a dire che il matrimonio è desiderabile nonostante le difficoltà? Ogni volta che guardo Marta mi fermo a guardarla e mi accorgo che c’è, non perché io sono bravo, non perché ho fatto qualcosa di speciale, neanche perché sono bello, tutt’altro! Mi accorgo che lei è il dono di un Altro. Essere cristiano significa per me cercare in tutte le cose che vivo l’opera di Cristo, il segno della Sua presenza. Nel rapporto con la mia “morosa” è evidente questo proprio perché io e lei siamo diversi eppure fatti per vivere insieme. Qualche tempo fa, una nostra amica suora, ci ha fatto scoprire le catechesi di Papa San Giovanni Paolo II dal titolo “Uomo e donna lo creò” che affrontano proprio il tema del rapporto di coppia e della vita matrimoniale. Quello che si legge è proprio l’opposto di quanto dicono i due coniugi intervistati nell’articolo! Per noi è una sfida cercare di mantenere vicendevolmente uno sguardo così diverso e se non fosse per il rapporto vivo e salvifico che ogni giorno sperimentiamo con Cristo, non sarebbe possibile lo stare insieme. Io desidero sposare Marta perché riconosco che lei mi è data in ogni istante e perché solo invitando nel rapporto tra noi Gesù è possibile che esista il “per sempre”. Convivere sarebbe semplice e sbrigativo: poche spese, nessun obbligo giuridico, nessun vincolo religioso e se tutto va bene si sta insieme finché dura... magari dura per sempre ma non si sa! Chi convive non guarda fino in fondo alla promessa di Dio, in certi casi arriva a non credere possibile nemmeno che Lui possa operare nelle nostra vita (si chiama peccato contro lo Spirito!), lascia che le preoccupazioni, le difficoltà e le fatiche determinino lui e il rapporto con l’altra. Che tristezza! Il primo dono è la Fede, il secondo è la Chiesa con i suoi pastori e con tantissimi compagni di cammino e tutti gli altri sono una sorpresa quotidiana che cambia sempre e non mi stanca mai! Cordiali saluti
Luigi Falanga