Opinioni

A Napoli la politica è assente e si continua a morire. Contro la camorra, più lavoro

Maurizio Patriciello sabato 12 dicembre 2015
Sono i nostri ragazzi. Stavano nelle nostre parrocchie fino a pochi anni fa. Avevano anche imparato ad accarezzare l’idea di impegnarsi per rendere più bello il mondo. Poi si sono arresi. Attorno a loro hanno trovato il vuoto. Non ce l’hanno fatta. E hanno ceduto. Sono entrati nel 'sistema'. L’unico che, secondo loro, funzioni. L’unico a dare una qualche risposta alle loro aspettative. Le belle idee, le buone intenzioni, le raccomandazioni affettuose non bastano. Occorre scendere in campo. Agire. Subito, adesso. Quando si tratta di elargire fondi ai partiti, salvare banche, pagare multe all’Europa, l’Italia il denaro lo trova sempre. Quando invece occorre mettere mano al portafogli per impedire ai giovani di finire nelle grinfie della malavita organizzata, arrivano convegni, analisi, parole, promesse. E così a Napoli si continua a morire. Nonostante la bella manifestazione anticamorra di sabato scorso voluta dai parroci dei quartieri difficili e le parole del cardinale Sepe alla festa dell’Immacolata. Nonostante l’indignazione delle persone di buona volontà, l’impegno della scuola e delle associazioni presenti sul territorio. A Piscinola, è stato ucciso un giovane di 25 anni. Un altro. Lo hanno fatto fuori senza pietà. Ha tentato di scappare. Ma quelli sono esperti. Hanno imparato a usare le armi come se fossero in guerra. Ma, d’altronde, sono in guerra. Una guerra spietata e silenziosa che spaventa i residenti ma che scarsissima attenzione trova nell’agenda della politica italiana. Poche ore dopo, un altro omicidio, a Casalnuovo, pochi chilometri da Napoli. Un giovane viene freddato a pochi passi da una scuola. Gli inquirenti pensano che non fosse lui il bersaglio. Forse i nemici credevano di uccidere l’amico. Sono i nostri ragazzi. Li vediamo morire così. Senza poter intervenire. Senza poterli proteggere. Senza poterli salvare. Le guerre peggiori sono quelle civili. E a Napoli e dintorni si sta combattendo una vera guerra civile. O, meglio, incivile. Incivilissima. Una guerra che spaventa. Ma che anche induce a una rassegnazione mortifera. Perché l’Italia snobba questa tragica realtà? Perché non si affronta con determinazione, competenza, serietà questo stillicidio di vite umane? L’ipocrisia è una brutta bestia. Non a caso Gesù scaglia i suoi 'guai' contro gli ipocriti. L ipocrita è una persona di cui non ti puoi fidare. Di questi personaggi, Napoli ne ha conosciuti tanti. Oggi non ha più bisogno di parole. Troppe gliene sono state dette. Non ha più bisogno di menzogne. Troppe ne ha ascoltate.Napoli ha un bisogno urgente di estirpare la malapianta della camorra dalle strade, dai vicoli, dai quartieri. Napoli deve impedire alla serpe – da tutti detestata ma da pochi realmente combattuta – di continuare a fare proseliti e vittime innocenti e no. Occorre prosciugare il fiume carsico in cui si abbevera. Occorre impedire ai ragazzini di prendere a modello il camorrista. E per farlo c’è bisogno di tutti. Chiesa, scuola, mondo del volontariato, associazioni varie, magistratura ci sono. Ma da sole non potranno mai risolvere il problema. Manca l’elemento più importante, senza il quale continueremo a parlare a vuoto. Occorre poter contare su una politica buona, intelligente, che abbia a cuore la città. Che riconosca che prima di chiedere ai cittadini di fare il proprio dovere occorre che vengano loro assicurati i diritti. E a tante famiglie è stato negato il diritto fondamentale recepito dalla nostra Costituzione: quello al lavoro. La mancanza cronica di lavoro è l’anello mancante nella lotta alla malavita organizzata. Senza il quale si rischia di non cogliere il bersaglio.