Coronavirus. Consigli per dare più efficacia alla campagna di vaccinazione
Da più parti si ritiene che nell’epoca Covid-19 la comunicazione sia stata quantomeno poco soddisfacente. Confusione e dubbi sulle decisioni delle autorità governative sono più che giustificate, visto che gli annunci sono stati numerosi, contraddittori e non sempre accompagnati da adeguate spiegazioni e giustificazioni. Non vi è dubbio che, trattandosi di un nuovo virus, le informazioni possano cambiare man mano che ricerche e osservazioni permettano maggiori conoscenze. Ma, proprio per questo, il pubblico dovrebbe essere messo al corrente delle ragioni che determinano tali cambiamenti.
Se da un lato le deficienze del ministero della Salute in termini di comunicazione sono incontestabili, e ammesse dallo stesso sottosegretario Sileri, d’altro canto non si può sottacere la confusione di cui sono responsabili alcuni scienziati, anche i cosiddetti 'virologi'. Non vi è dubbio che abbiamo assistito a un coro di voci discordanti. Il problema si è moltiplicato dal momento che di Covid-19 si occupano non solo i giornalisti scientifici, ma vari opinion leader. Ne è risultata grande difficoltà a capire i rapporti fra politica e scienza. È necessario discutere che cosa si può richiedere alla scienza rispetto alla pandemia. Anzitutto, la scienza, a differenza degli scienziati, non può avere opinioni: deve esprimersi solo attraverso i dati disponibili. In questo senso, i dati si raccolgono nel tempo e in base a esperimenti.
Tutti potevano sperare che un vaccino fosse efficace, ma solo la disponibilità dei dati di fase 3 ha permesso di dire che, ad esempio, il vaccino Pfizer evitava casi di infezione certificati da tampone molecolare. Si poteva dire che era anche ben tollerato? Certamente, ma tenendo conto che erano state trattate con il vaccino circa 20mila persone e quindi non si poteva sapere con certezza se vi fosse un caso di grave tossicità per ogni 100mila o milione di persone trattate. Inoltre, conoscendo il numero di manifestazioni gravi o fatali da Covid-19, la scienza poteva certamente affermare che il vaccino era utile, perché il rapporto benefici-rischi era largamente positivo. Quando l’impiego diffuso del vaccino Astra-Zeneca nel Regno Unito ha evidenziato casi molto rari di trombosi, la scienza non poteva dire se essi fossero in relazione con il vaccino, proprio perché quei casi erano ancora troppo pochi per documentare un rapporto di causa-effetto con il vaccino. La ricerca ha permesso di stabilire il meccanismo di tali trombosi e le sue analogie con un tipo di trombosi indotto dall’eparina, un farmaco anticoagulante, usato tra l’altro per il trattamento dello stesso Covid.
Ma ancora oggi non si può stabilire che vi sia un rapporto di causa ed effetto, perché ciò richiederebbe almeno due tipi di evidenza: stabilire quale sia la componente del vaccino che permette di indurre la trombosi, e verificare che, cambiando la componente incriminata, non si verifichino più le trombosi. Tuttavia, la scienza può affermare che il danno è molto raro. Ancora, poteva essere utile far sapere che l’aspirina induce emorragie gastriche in un caso su mille trattati, oppure che è più pericoloso usare un’autovettura o fumare una sigaretta.
La scienza comunque non può escludere che una determinata persona possa avere un grave effetto tossico da vaccino, perché ciò non è prevedibile, almeno per ora. In questi casi la scienza ragiona per probabilità. Per quanto riguarda la seconda dose, si è discusso sul cosiddetto mix, cioè l’utilizzo di un vaccino diverso da quello utilizzato per la prima dose. La scienza può solo dire che esistono esperienze precedenti di somministrazioni di due dosi di vaccini diversi tra loro, anche se nel caso del Covid si tratta di vaccini sviluppati con tecnologie mai utilizzate su intere popolazioni. Si può anche dire che alcuni Paesi hanno già iniziato a utilizzare il mix.
Esiste inoltre un piccolo studio condotto in Spagna su circa 600 persone, a cui è stato iniettato il vaccino Pfizer dopo aver ricevuto AstraZeneca. In questo studio la risposta è stata positiva, forse migliore della risposta a due dosi dello stesso vaccino. Dal canto suo la politica – fatta di persone con scarsa conoscenza scientifica, a giudicare anche dal caso dell’agricoltura biodinamica – ha sbagliato perché voleva dalla scienza certezze che non potevano essere date. Avrebbe invece dovuto richiedere, sostenendola, di sviluppare ricerca per rispondere nel tempo più breve possibile agli interrogativi e intervenire così in modo efficace nell’arrestare la pandemia.
Ad esempio, perché non avere un modulo uguale per tutti i vaccinati, in modo da conoscere gli effetti collaterali dei singoli vaccini, anziché lasciare ai singoli soggetti la possibilità di segnalarli? Si perdono opportunità di avere più informazioni e quindi più certezze.
Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs