La beffa. Il maxi-bonus? Andrà a chi ha evaso il fisco
Il ministro Giorgetti
“Nel dubbio, non pagare le tasse. Tanto prima o poi un condono arriva”. Finirà per essere questo il messaggio che verrà lanciato ai lavoratori autonomi dalla maggioranza parlamentare. Il decreto Omnibus che dovrebbe essere approvato oggi dal Senato, infatti, prevede un triplice sconto sulle imposte, nessuna sanzione e neppure interessi legali per le somme evase dalle partite Iva. Una sanatoria a costi ridottissimi per chi ha nascosto al Fisco (e a tutti noi) i propri guadagni, un vero e proprio premio all’infedeltà fiscale.
Il meccanismo in pratica funziona così: il contribuente autonomo che aderirà entro questo mese al concordato preventivo – un sistema di tassazione che già prevede aliquote ridotte dal 3 al 15% delle maggiori entrate per 2024 e 2025 – potrà sanare le somme evase nel quadriennio 2018-2022 con percentuali scontate e base imponibile assai ridotta, in maniera inversamente proporzionale al grado di “affidabilità fiscale”. Su quest’ultimo termine ci sarebbe da discutere, visto che parliamo di entrate nascoste al Fisco, ma per chi gode di una valutazione massima (Isa 10) per “mettersi a posto” basterà dichiarare solo il 5% dell’imponibile evaso e su questa base versare (volendo in 24 comode rate) appena il 10% di imposte. I peggiori, quelli che già l’amministrazione pubblica considera “poco affidabili” (Isa inferiore a 6), invece, potranno pagare un’aliquota massima del 15% ma solo sul 50% dei ricavi non dichiarati. Non bastasse, per i guadagni incassati negli anni del Covid c’è un ulteriore sconto del 30% sulle imposte dovute.
Praticamente con qualche spicciolo l’evasore può “mettersi a posto” con la legge e risparmiare una montagna di soldi.
Bastano quattro conti (un po’ grezzi) per capire: un lavoratore autonomo, più o meno come un dipendente, su 100mila euro guadagnati deve pagarne tra i 24 e i 35mila euro circa di Irpef a seconda del regime applicato e di alcuni coefficienti, con aliquote dal 23 al 43%. Se invece quegli stessi 100mila euro di ricavi li avesse nascosti, ora potrà sanare la sua posizione pagando allo Stato appena 500 euro (il 10% di aliquota sul 5% di imponibile evasa), anche solo 350 euro se quell’evasione è avvenuta nel periodo della pandemia.
Come si può intuire è qualcosa di talmente indigesto per i milioni di contribuenti onesti che né il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti né il vice Maurizio Leo hanno avuto animo di metterci la firma e soprattutto la faccia, a rischio di perderla. Cosa che invece si sono premurati di fare tre senatori – Fausto Orsomarso di FdI, Massimo Garavaglia della Lega e Dario Damiani di Forza Italia – appunto attraverso un emendamento al decreto Omnibus. Il Governo, con grande rispetto delle istituzioni, ha lasciato decidere al Parlamento sovrano, salvo chiedere la fiducia sull’intero provvedimento. Così, una maggioranza che appare divisa su molti temi – dalla cittadinanza alla tassazione degli extraprofitti, all’autonomia differenziata – si ritrova unita come non mai quando c’è da dare una pacca sulle spalle a chi non paga le tasse.
Al danno si aggiunge infine la beffa: l’operazione necessita di una copertura di quasi 1 miliardo, perché su quelle somme si potevano recuperare – potenzialmente, non con certezza – circa 980 milioni di euro. Una posta di bilancio solo formale, secondo i firmatari della proposta, che prevedono anzi un gettito aggiuntivo dell’intera operazione del Concordato preventivo di circa 2 miliardi di euro. Sarà. Intanto, però, colpisce la sproporzione tra i 980 milioni di copertura necessari e i 100 milioni stanziati per il bonus Natale a una ridotta frazione di famiglie a basso reddito con coniuge e figli a carico.
Un messaggio distorto, si diceva: bambini, sotto l’albero c’è un pacchettino; il regalone, invece, è per gli evasori fiscali. Con un bel bigliettino: “Il prossimo anno, non pagare le imposte: a te ci pensa Babbo Natale”.