Opinioni

SECONDO NOI. Prima di tutto la verità

Av giovedì 6 giugno 2013
Se la Terza Corte d’assise di Roma doveva fare chiarezza sulla tragica fine di Stefano Cucchi, purtroppo sembra aver mancato l’obiettivo. Troppi i nodi irrisolti e le domande che restano aperte. Le conclusioni processuali - in attesa delle motivazioni di una sentenza che, pur nel rispetto dovuto, lascia sgomenti - raccontano solo a metà gli ultimi giorni di vita di un cittadino preso in carico dallo Stato. Arrestato dai carabinieri, è consegnato - in salute - agli agenti del Palazzo di giustizia, come accertato dai medici del Fatebenefratelli. Poi accade qualcosa di grave. Stefano arriva al Pertini, e non per un check up: è dolorante, tumefatto, stravolto. I medici - colpevolmente - non si prendono carico di lui. Gli infermieri, per i giudici, sarebbero meri esecutori. E gli agenti di polizia penitenziaria, primi responsabili del cittadino Cucchi, non avrebbero avuto alcun ruolo. Una storia che non sta in piedi, proprio come Stefano all’arrivo nell’ospedale dal quale non è uscito vivo. Non è solo la famiglia Cucchi, ma il Paese che ha diritto alla verità, persino prima che alla giustizia. Ne va della credibilità del sistema giudiziario.