Utilizzare gli alberghi. Conciliare due difficoltà con comunità di quarantena
Caro direttore,
abbiamo due difficoltà a gestire sotto il profilo sanitario e quello sociale il Covid. La prima, gestire gli asintomatici e i paucisintomatici individuati, senza gravare sugli ospedali e senza confinarli in casa con il rischio che trasformino le famiglie in focolai. La seconda, tenere in vita alcune attività economiche: accoglienza alberghiera e ristorazione. Incrociando queste due difficoltà possiamo trovare a esse una risposta e anche un’opportunità di tenuta sia per il settore sanitario che per il tessuto socio-economico.
La proposta è semplice. Impiegare gli alberghi per ospitare in stanze singole, per il tempo strettamente necessario, la quarantena per la de-positivizzazione dei contagiati asintomatici o paucisintomatici. E questo come soluzione di gruppo; se non obbligata, fortemente incentivata. Avere comunità coerenti di quarantena, che possono seguire cure domiciliari, aiuta a gestirle, perché basta un solo team medico-infermieristico per seguirle efficacemente in un’unica struttura una comunità coerente di contagiati. Senza dover girare in tante singole abitazioni.
Gli alberghi potrebbero fornire in stanza i pasti ai loro ospiti, avvalendosi della fornitura in delivery anche questa localizzata a indirizzi collettivi. I ristoranti e le pizzerie lavorerebbero a ritmi sostenuti con molti clienti sia pure non in presenza. Non ci vuole molto ad organizzarsi. Stato e regione dovrebbero garantire con un tariffario adeguato pro die i costi della quarantena di gruppo così organizzata.
Voglio aggiungere una nota di libero mercato, per chi se lo possa e voglia permettere. Se di questa organizzazione entrassero a far parte anche i grandi alberghi e i ristoranti stellati, gli ospiti di questa quarantena de luxe potrebbero pagare di tasca propria come “privati” la differenza di costo dal tariffario base. Questa è l’idea. Credo si possa realizzare.
Università Federico II di Napoli, già parlamentare