Opinioni

La citazione del professor Carmina. «Con rispetto parlando». La lezione di Mattarella

Amos Bertolacci sabato 22 gennaio 2022

Vorrei tornare su un fatto che ha destato grande emozione: la citazione che nel suo discorso alla nazione di fine 2021, l’ultimo del suo settennato al Quirinale il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha riservato al professor Pietro Carmina, tragicamente morto nell’incidente di Ravanusa dell’11 dicembre scorso.

Sui media ha giustamente ricevuto larga risonanza il contenuto di questa citazione, cioè il toccante invito, ripreso da Mattarella, che Carmina rivolgeva agli studenti due anni fa, concludendo la sua carriera di insegnante di storia e filosofia, a divenire protagonisti attivi della storia presente, usando il linguaggio e le parole che aveva loro insegnato «per difendere chi quelle parole non le ha», e a perseguire con impegno mete ambiziose e obiettivi coraggiosi, «caricandosi sulle spalle chi non ce la fa».

Vorrei soffermarmi qui su un dettaglio importante, quell’inciso «con rispetto» («Faccio mie – con rispetto – queste parole ...»), con cui Mattarella conclude la citazione. Quale tipo di rispetto il nostro Presidente ha voluto esprimere, oltre al garbo sempre dovuto quando ci si appropria di qualcosa altrui? Una prima forma di rispetto, quella per il professor Carmina come insegnante, l’ha esplicitata parlando di lui come esempio di «dedizione dei nostri docenti al loro compito educativo». Ma nelle parole di Mattarella si coglie anche il rispetto dovuto a una persona che è venuta a mancare, che non è più tra noi e che quindi «non ha più parole» per esprimersi. Il rispetto di Mattarella per Carmina, infine, si rivolge alla vittima di una strage che, a differenza di altri che da quella tragedia si sono miracolosamente salvati, 'non ce l’ha fatta', così come non ce la fanno quotidianamente i morti per incidenti sul lavoro o le vittime di violenza di genere. Mattarella ha dunque reso immediatamente vere le parole che ha citato, le ha fatte realmente e profondamente sue, dando voce a chi, come Pietro Carmina, voce più non ha e caricandosi sulle spalle uno che non ce l’ha fatta. Potremmo dire che Mattarella ha incarnato il testamento morale («la commovente lettera») di Carmina ai suoi studenti, lasciando a un defunto la parola nel suo ultimo messaggio alla nazione e facendo di un insegnante pensionato del Liceo di Canicattì il protagonista di un discorso tenuto di fronte a milioni di italiani. E questo straordinario tributo è stato fatto «con rispetto». Un grandissimo gesto di umiltà che eleva al contempo il nostro Presidente della Repubblica a un livello altissimo di statura politica. Credo, con le ovvie differenze, che san Paolo non intenda qualcosa di molto diverso quando scrive ai Filippesi che Gesù Cristo «non considerò un tesoro geloso» la sua condizione divina, ma «spogliò e umiliò sé stesso» ricevendo per questo «il nome che è al di sopra di ogni altro nome» (Fil. 2, 6-9).

L’altissimo ufficio di Presidente della Repubblica che Sergio Mattarella ha ricoperto per il nostro Paese negli ultimi sette anni viene spesso rappresentato come quello di 'primo cittadino' o di 'capo dello Stato'. Con la citazione di Pietro Carmina, Mattarella ci ha trasmesso un fulgido esempio di primo cittadino che si pone alla pari degli ultimi componenti del consesso che è chiamato a presiedere, e di capo dello Stato che diviene servitore della cosa pubblica. Una testimonianza di vocazione politica che appare estranea alle manovre partitiche che stanno anticipando l’elezione del suo successore a Presidente della Repubblica.

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