Riforme. Con l'arrivo del premierato deve crescere la trasparenza
Sollecitato sull’argomento, ho ragionato sul possibile effetto sull’amministrazione pubblica della riforma costituzionale in itinere, che chiameremo “premierato” e mi ha sono posto qualche domanda. Anche assumendo che la proposta assuma una forma attuabile e compatibile con lo spirito della Costituzione, se parliamo di rapporto tra questa riforma e la PA di primo acchito potremmo dire che nulla cambia. La PA ha una sua indipendenza sancita dall’articolo 98 della Costituzione, quello che dice che i dipendenti pubblici non sono al servizio di questo o quel governo, ma al servizio unico della nazione. E quindi la forma con cui viene eletto il premier non dovrebbe avere nessuna conseguenza sull’azione ammini-strativa. Eppure, un effetto e una nuova responsabilità c’è. Ma per scoprirla dobbiamo ricominciare un po’ da capo. Il potere in un assetto costituzionale è come l’energia in un sistema chiuso, si può trasformare ma non si crea e non si distrugge. Così, se parliamo del premierato, vediamo che i maggiori poteri del premier sono conquistati a spese della riduzione di potere del Parlamento, che non può scegliere una nuova maggioranza, e del Presidente della Repubblica che non può incaricare a suo giudizio un Presidente del consiglio e che vedrà, proprio per l’asimmetria della sua elezione (l’uno eletto dal popolo, l’altro da Parlamento) ridotto il suo stesso ruolo di preminenza. Maggior potere che, alla fine, viene però attribuito principalmente agli elettori, quindi ai cittadini o se si preferisce al “popolo”. Questo passaggio è coerente con una tendenza generale di questi anni che vede crescere la spinta verso la disintermediazione in tutti i campi e quindi, in politica, verso forme di democrazia diretta. Ma la democrazia diretta, perché sia in effetti democrazia e non un appello alla pancia del popolo, deve basarsi su una corretta, completa e tempestiva informazione sull’azione pubblica che, nella maggior parte dei casi, vede come esecutrici proprio le amministrazioni. La PA è stata in questi anni, nonostante le leggi in proposito, molto carente da questo punto di vista. È mancata la partecipazione dei cittadini nella fase ascendente delle grandi azioni (vedasi Pnrr), in quella discendente, ossia nella loro esecuzione, e nella valutazione sia delle politiche, per la scarsa pubblicità dei reali impatti delle azioni, sia delle unità organizzative. Nonostante la legge già preveda infatti delle forme di social auditing, esse sono poco sviluppate e, quando sono usate, lo sono non per progettare modifiche e miglioramenti, ma solo come meri adempimenti. Accanto a questa carenza l’amministrazione pubblica non ha in genere praticato una vera trasparenza. Esiste una trasparenza passiva o divulgativa (“ti informo”) e una trasparenza abilitante (“puoi prendere parte al processo di attuazione e monitorarne con continuità lo svolgimento”). Una vera trasparenza non solo deve permettere l’accountability delle amministrazioni, ossia metterle in condizione di essere “giudicate” dai cittadini, ma deve servire anche perché le azioni attuative delle grandi missioni per il Paese siano condivise anche nei luoghi, utilizzando i saperi che in essi dimorano. La riforma verso il premierato sarà quindi un reale incremento del potere popolare se e solo se si accompagnerà a una maggiore trasparenza delle amministrazioni pubbliche e a una maggiore partecipazione dei cittadini. Nessuna democrazia può rimanere tale senza un importante sistema di checks&balances: a un maggiore potere al premier e una più spinta centralizzazione nel governo, deve corrispondere il diritto di controllo dei cittadini ma, perché questo diritto sia in effetti esigibile, bisogna avere un vero open government, basato su trasparenza, partecipazione e collaborazione. Il premierato in sé non è garanzia di una maggiore democrazia, né è per principio una sua diminuzione in senso autoritario. Ma quest’ultima deriva sarà certa se non aumenterà l’effettiva possibilità di valutare quel che il governo fa e ha fatto sulla base di dati certi, neutrali, condivisi. Simmetricamente a quanto sino ad ora detto, un incremento inevitabile di potere al capo del governo deve necessariamente trovare sull’altro piatto della bilancia un Parlamento che sia pronto e competente nell’usare il potere di indirizzo e di controllo sull’esecutivo che la Costituzione gli attribuisce, ma che sia messo anche nelle oggettive condizioni di poterlo esercitare. Anche qui c’è molto da fare e la cronaca di questi giorni ci manda segnali non certo rassicuranti. Non possiamo immaginare di accrescere il peso su un piatto della bilancia riducendo il peso sull’altro, a meno di non rassegnarci ad un perenne squilibrio che tutto è meno che democrazia.
Presidente del ForumPA – FPA e membro del Forum Disuguaglianze e Diversità