Il direttore risponde. «Compiti delle vacanze? No, grazie» Un preside protesta. E mi fa ricordare...
Caro direttore,
perché i docenti continuano ad affliggere gli studenti e i loro famigliari con l’assurda pratica dei compiti per le vacanze? Perché non riconoscono il diritto al riposo, allo svago, al gioco che loro stessi possono concedersi durante le vacanze degli studenti? Perché impediscono alle famiglie di ritrovarsi serenamente, senza lo stress di compiti soverchianti e inutili che causano sofferenze, litigi, pianti, punizioni, rinunce dolorose, rabbia. Bambini e ragazzi chiusi in casa, chini sui libri, impegnati per ore e ore nello svolgimento di compiti che non potranno essere corretti (i docenti non avrebbero tempo per altro), che non determineranno effetti apprezzabili rispetto all’acquisizione delle competenze attese e necessarie, che non lasceranno segno alcuno (non c’è insegnamento: si tratta di un sapere usa e getta), che aggraveranno la condizione di chi sia già svantaggiato, che penalizzeranno chi viva in un ambiente deprivato, che produrranno solo odio per lo studio e per la scuola... Perché un tale, pervicace accanimento riconducibile a una “pedagogia della sofferenza” bandita da Indicazioni e Programmi ministeriali, dalla Convenzione sui diritti dei minori, dal buon senso, da quel minino di rispetto e sensibilità che qualsiasi adulto, tanto più se educatore, dovrebbe avere? Perché?