Un fantasma si aggira tra le righe del decreto sul gioco d’azzardo. Il fantasma di colui che dovrebbe essere al centro dell’attenzione, delle preoccupazioni, della sollecitudine dei legislatori. A parole ci sarebbe. Ma svanisce subito tramutandosi in fantasma. È il fantasma dell’ammalato di azzardo. Un esercito di ectoplasmi, ben 800mila (secondo stime autorevoli e prudenti). Che svaporano di fronte alla seconda, in realtà prima e unica preoccupazione: fare cassa.
Attorno a questo fantasma si sta consumando la grande incomprensione tra il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, e gli amministratori locali. Non si stanno proprio capendo, parlano due lingue diverse. Il primo invita al dialogo e si dichiara disposto ad ascoltare tutti; ma dopo averli ascoltati non cambia nulla. “Dovete venirmi incontro” mormora, quasi implora. Ma i sindaci in questi ultimi anni hanno, loro sì, ascoltato i cittadini. Ne hanno compreso disagio, impoverimenti e sofferenze. Non pochi di loro sono intervenuti, imponendo distanze minime tra le sale, i templi dell’azzardo, e i “luoghi sensibili”; stabilendo orari di apertura e chiusura; subendo le umiliazioni dei ricorsi al Tar vinti dai gestori dei locali, resistendo, prendendosi la rivincita in nome del bene comune dei loro concittadini hanno subito pressioni e minacce. Chiedono di non veder vanificato dal Palazzo quanto hanno fatto e sanno che è stato giusto fare.
Dispiace dirlo, ma la sensazione è che di questo passo Ministero (nel senso, qui, della politica che non riesce a vedere anche “dal basso” i problemi) e Comuni (la politica “di prossimità”) siano destinati a non incontrarsi. Eppure l’accordo sarebbe ben possibile. Il guaio è che gli effetti da Gap (gioco d’azzardo patologico), così reali per i sindaci, sono dei fantasmi per troppi tra coloro che stanno ai vertici della Pubblica amministrazione. La divisione è sul nocciolo: per gli uni la priorità è la salute dei cittadini, per gli altri sono le entrate erariali (comunque calanti, comunque incapaci di ristorare il danno prodotto). E si stenta a trovare una lingua comune.
Non a caso Confindustria è soddisfatta della bozza. Si sente ben rappresentata. E il fantasma non esiste: voi credete ai fantasmi? Suvvia! D’altronde proprio quei fantasmi, non più dell’1-2% del totale dei “giocatori” italiani, garantiscono tra il 30 e il 60% del fatturato dell’industria dell’azzardo. Senza quel fantasma così corposo, gli oltre 80 miliardi di giro d’affari annuo si dimezzerebbe. Per essere un fantasma, il Gap, è maledettamente concreto e fa proprio comodo.