Coronavirus. Come in un concerto diamo il meglio di noi
Caro direttore,
non ho paura del contagio. Eppure non nascondo che anche io ho avuto un momento buio quando hanno chiuso i teatri e ho dovuto rimandare i miei concerti da un giorno all’altro. Ho visto il buio sul mio futuro di musicista. Sono sempre stato un sognatore, un intrepido. Ho sempre saltellato sul filo dell’equilibrista senza guardare giù, senza rete. Non ho mai pensato di assicurarmi un “piano B”. D’altro canto, cosa farei io senza la musica? L’unico mio punto di riferimento è stato l’affetto della gente, e lì mi sono dato totalmente, senza riserve.
Ma adesso tutti sono giustamente impauriti, e chi lo sa, magari il mio concerto a Monaco di qualche settimana fa, potrebbe essere stata la mia ultima esibizione pubblica. Immagino quante persone come me, temono per il proprio lavoro e per i propri cari, e io sono l’ultimo al mondo in diritto di lamentarsi. D’altra parte, vivo da sempre nell’insicurezza, ci ho fatto le ossa: le certezze sul futuro non le ho mai avute, e ho imparato ad accettare questa condizione, proprio dalla musica, la più impalpabile e imprevedibile delle arti. Certo, mi piacerebbe affrontare la vita con lo spirito eroico di Beethoven, quando afferma: «Catturerò il destino afferrandolo per il collo. Non mi dominerà».
Troverò un modo, ma una cosa è certa, la paura del virus non può tenerci in ostaggio. Non è vero che stiamo combattendo un nemico invisibile, sappiamo cos’è: noi con infinita pazienza continuiamo la quarantena, intanto scienziati e ricercatori metteranno a punto una soluzione definitiva. Ma pur nell’incertezza e nel dolore, nell’aria si sente uno spirito nuovo! Una solidarietà commovente ci avvolge. Tutto ciò che è superfluo cade. Si riscoprono gesti semplici, due chiacchiere col vicino di casa sul pianerottolo anche se a distanza; nuovi eroi: medici ed infermieri.
Il web è diventato l’occasione per sdrammatizzare la paura, per accorciare le distanze e sentirci più vicini, per condividere preziose conoscenze scientifiche. Ora più che mai è evidente che il bene del singolo passa per il bene della collettività, così come aveva intuito Socrate, e ho la sensazione che, anche se nel dramma, l’umanità stia dando il meglio di sé.