L'anticipazione. Come combattere il trionfalismo e la tentazione della mondanità
Francesco afferma che si tratta di una questione che tocca addirittura il nostro modo di vivere e di interpretare la realtà, e che è difficile da discernere
Il testo di questa pagina è l’estratto di un intervento più ampio che uscirà sul prossimo numero di «La Civiltà Cattolica»
La tentazione del trionfalismo – il cristianesimo senza croce – e della sua forma più subdola – la mondanità spirituale – è difficile da discernere. Se c’è un tema, nel magistero di Bergoglio-Francesco, che ricorre con particolare frequenza, è proprio questo. Nell’Esortazione apostolica
Evangelii gaudium,
pronunciando il «no alla mondanità spirituale», Francesco lo ha messo nero su bianco. L’alternativa è tra una Chiesa in movimento di uscita per evangelizzare il mondo e una Chiesa invasa dalla mondanità spirituale: «È una tremenda corruzione con apparenza di bene. Bisogna evitarla mettendo la Chiesa in movimento di uscita da sé, di missione centrata in Gesù Cristo, di impegno verso i poveri. Dio ci liberi da una Chiesa mondana sotto drappeggi spirituali o pastorali! Questa mondanità asfissiante si sana assaporando l’aria pura dello Spirito Santo, che ci libera dal rimanere centrati in noi stessi, nascosti in un’apparenza religiosa vuota di Dio» (EG 97).
Già nel 1984 Bergoglio affermava: «L’atteggiamento trionfalista non sempre è aperto. La maggior parte delle volte esso appare sub angelo lucis nella scelta dei nostri metodi pastorali, ma si può sempre ricondurre all’invito a scendere dalla croce». (...) I concetti che caratterizzano questa tentazione – il trionfalismo e la mondanità – non devono indurre a pensare che si tratti di questioni superficiali. Il Papa ricorda che la mondanità odia la fede, ci ruba il Vangelo, uccide coloro che si oppongono ad essa con decisione, i nostri martiri, così come ha ucciso il Signore, e seduce quanti sono disposti ad accettarla sotto qualsiasi forma, respingendo la croce. «È curioso: [del]la mondanità, qualcuno può dirmi: 'Ma padre, questa è una superficialità di vita...'. Non inganniamoci! La mondanità non è per niente superficiale! Ha delle radici profonde, delle radici profonde. È camaleontica, cambia, va e viene a seconda delle circostanze, ma la sostanza è la stessa: una proposta di vita che entra dappertutto, anche nella Chiesa. La mondanità, l’ermeneutica mondana, il maquillage, tutto si trucca per essere così».
Poiché il Papa afferma che si tratta di una tentazione che tocca addirittura il nostro modo di vivere e di interpretare la realtà, e che è difficile da discernere, la questione va affrontata in tutta serietà. La difficoltà non sta nel comprendere l’'idea' del trionfalismo con uno sguardo sociologico o psicologico, ma piuttosto nel fare un «discernimento evangelico » (EG 50) concreto in ogni caso, grazie al quale ciascuna persona o la Chiesa intera senta, interpreti e scelga ciò che la conduce a uscire per evangelizzare e respinga ciò che la porta a chiudersi in se stessa e che la vuole invadere. Bisogna discernere in ogni circostanza i comportamenti, le situazioni e le strutture in cui la mondanità si cela e si dissimula. L’Evangelii gaudium rimarca con chiarezza che la neutralità non esiste: se non diamo gloria a Dio, ce la daremo tra di noi (cfr EG 93); se la nostra predica non s’incultura, diventa astratta, gnostica; se non siamo pastori che pascolano le loro pecore, diventiamo mercenari neopelagiani che controllano (cfr EG 94); se non prendiamo su di noi le umiliazioni della nostra croce, tra di noi cominciano le guerre interne (cfr EG 98). Perciò riteniamo che questo non sia solo un tema importante, ma una questione di vita o di morte. E per combattere bene è necessario scoprire il 'dinamismo' di tale tentazione trionfalistica, in modo da collegare i suoi frutti cattivi con la radice che li alimenta. (...)
Segnaliamo che, quando arriva il momento di cercare un rimedio e un aiuto per combattere bene contro il maligno, la santissima Vergine svolge un ruolo decisivo nella spiritualità di Bergoglio-Francesco, che ha un timbro nettamente mariano: «Maria compare nella riflessione quando Bergoglio evoca l’Incarnazione, la contraddizione, la croce. La Madre è simbolo di carne, di cuore, di tenerezza ». In «Silenzio e parola» Bergoglio dispone le sue riflessioni attorno a sei immagini forti della Madonna: Maria in silenzio che medita ogni cosa nel proprio cuore; Maria che «scioglie i nodi» che ci siamo creati; Maria che protegge i suoi figli sotto il proprio mantello; Maria che, con fatica del cuore, resiste al male e canta il Magnificat nella casa di Elisabetta; Maria che prega nel Cenacolo con attorno, «pigiati come sardine», gli apostoli, in attesa del Signore. L’immagine più forte – l’ultima – è quella della Madonna ai piedi della croce: «Il trionfalismo è stato distrutto nel cuore affaticato di nostra Signora ai piedi della croce».
L'antidoto al trionfalismo consiste in quella peculiare fatica del cuore di cui san Giovanni Paolo II ha fatto notare l’esistenza nella Madonna, e che Bergoglio riprende sempre come segno di fede: «Di fronte agli avvenimenti duri e dolorosi della vita, rispondere con la fede costa 'una particolare fatica del cuore'. È la notte della fede. […] Maria sul Golgota si trova di fronte alla smentita totale di quella promessa: suo Figlio agonizza su una croce come un malfattore. Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre; entrambi hanno saputo tacere». La fatica del cuore di Maria è inserita nella storia di una folta schiera di testimoni che sono vissuti e che vivono tra le file del popolo fedele di Dio. (...)
Il popolo fedele ha coscienza del vero nemico e sa trovare rifugio nella Vergine Madre. «Sul soffitto della Cappella domestica della residenza della Compagnia a Córdoba – dove pregava Bergoglio – è dipinta un’immagine. I fratelli novizi sono raffigurati sotto il mantello di Maria, ben protetti; e sotto c’è scritto: Monstra te esse matrem ('Mostra di essere madre'). Nei momenti di turbolenza spirituale, quando Dio vuole fare guerra, il nostro posto è sotto il mantello della santa Madre di Dio». Là il diavolo non ha accesso. Se andiamo a rifugiarci sotto il manto della Madonna, nei momenti in cui la battaglia manifesta una ferocia smisurata, è perché ci siamo resi conto della vera dimensione della guerra: non si tratta di una guerra nostra, ma di Dio, il vero protagonista contro il quale combatte il demonio.
Imparare a leggere la storia nella prospettiva della fede e a viverla con coerenza affatica il cuore, ma non dimentichiamo che corde intelligitur. Discernere la volontà di Dio tra le ambiguità della vita affatica il cuore, ma, siccome è una fatica buona, rende il discernimento più lucido e solido, per quanto a volte l’ambiguità si addensi e le decisioni da prendere siano crocifiggenti. La fatica del cuore della Madonna è il luogo per eccellenza dal quale resiste il popolo fedele di Dio. Anche il pastore si definisce per la sua capacità di resistere al male, accanto al suo popolo. Perciò agli occhi di Dio la nostra stanchezza è magnifica. La nostra fatica per il peso del lavoro pastorale è preziosa agli occhi di Gesù. In definitiva, alla hybris del trionfalismo Bergoglio contrappone la fatica del lavoro, che comporta scoprire man mano la volontà di Dio e realizzarla nella nostra vita. Fare un passo avanti nella fede, resistere al male, interpretare bene i segni dei tempi, leggere la storia nella prospettiva della fede, come Maria, affatica il cuore, perché richiede lavoro e discernimento.