La riflessione. I collusi in Calabria e le speranze tradite dei giovani
«Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di dio camminavamo in festa… ». Il salmista ha ragione di lamentarsi, le pugnalate inferte da chi dice di volerti bene fanno più male.
Le cosiddette “guerre civili” sono le più insidiose. Da un nemico dichiarato possiamo anche tentare di difenderci. È facilmente riconoscibile, è egoista, odia la giustizia, la legalità. Non ama nessuno. Ha fatto dell’avere e del potere i suoi potentissimi idoli davanti ai quali è felice d’inginocchiarsi. Ritiene di essere più furbo, più intelligente, più scaltro degli altri. Per lui le persone sono solo polli da spennare; le leggi, ostacoli da superare; il creato un deposito da saccheggiare. Per arrivare ai suoi scopi è disposto a mentire, a tradire, a uccidere. Non guarda in faccia a nessuno. Con un pizzico di buona volontà e di esperienza, riesci a scovarlo.
In Calabria costui prende il nome di ‘ndranghetista, in Campania quello di camorrista, in Sicilia ama farsi chiamare mafioso. Gente strana, contraddittoria. Sono i nemici del nostro popolo. Da decenni vanno seminando dolore, sconcerto, sfiducia, soprattutto nei giovani. Sono fuorilegge e sanno di esserlo. Da loro ci difendiamo, prendiamo le distanze, e facciamo bene. Sono pericolosi, meglio essere guardinghi. Sulla legalità occorre essere severi. Se una cosa non deve essere fatta, non si fa. Se indugi qualcuno pagherà il prezzo delle tue scelte scellerate. La linea di demarcazione deve essere netta. Chiara. Tra la luce e le tenebre non può esserci comunione.
La ‘ndrangheta – come la mafia e la camorra - appartiene al mondo delle tenebre.
Nei rappresentanti dello Stato, invece, il cittadino deve avere la massima fiducia. Qualsiasi sia il partito nel quale è stato eletto, è assurto al ruolo di garante. È una persona che ha a cuore il bene della collettività. Una icona della legalità. Un amico, disposto a dare la vita per il suo Paese, la sua gente. Un uomo che racchiude in sé i valori della nostra Costituzione, capace di mettere da parte anche i propri progetti per il bene comune. Dalla ‘ndrangheta, i politici, le istituzioni, devono scappare come fanno i topolini con i gatti. Nei loro riguardi occorre farsi prudenti come e più dei serpenti. Nemmeno una stretta di mano tra un uomo dello Stato e un nemico dello Stato.
Perciò la notizia che Mario Oliviero, ex presidente della regione Calabria – la incredibilmente bella Calabria – sia stato indagato, per associazione per delinquere aggravata dalla modalità mafiosa ci ha gettato nello sconforto. Da lui non ce lo saremmo aspettati. Non è tanto il danno economico che ci fa male, ciò che ci spaventa, soprattutto in momenti come questi, dove gli scenari nazionali e internazionali sono già di per sé inquietanti, ciò che ci spaventa, dicevo, è lo svuotamento delle coscienze delle giovani generazioni.
A chi volgeranno lo sguardo? Dove potranno ritrovare la fiducia smarrita? Se il garante, l’amico della legalità e il nemico delle legalità vanno a braccetto, se insieme “dividono i greggi, dividono gli armenti” sarà davvero arduo non barcollare. Il vero furto perpetrato a danno delle giovani generazione non è quello economico, ma quello della speranza. Siamo vicini ai calabresi onesti, in particolare ai giovani. Forza! Occorre resistere, continuare a lottare, stare accanto alle forze sane.
Il male non prevarrà. Il pane di cui si appropriano gli ‘ndranghetisti e i loro complici in giacca e cravatta appartiene ai poveri. È indigesto, non sazia. Non permettiamo, però, che essi ci portino via la voglia di continuare a lottare per un mondo migliore. Non lasciamoci rubare la speranza. Se dovesse accadere davvero la ‘ndrangheta e i suoi scagnozzi avrebbero vinto la battaglia. Ma non avverrà.