Contro le truffe "barring" e rimborso. «Clicco una notizia e mi sfilano 5 euro»
Caro direttore,
non avendo più – per scelta – la tv, domenica 3 settembre, dopo pranzo, ho aperto sul telefono l’applicazione dell’Ansa. Ho letto alcune notizie e, poi, incuriosito dalla classifica delle 10 città più belle d’Italia, ho cliccato la pagina iniziale di pubblicità. Dopo Ferrara, Verona, Palermo, arrivato al clic su San Gimignano ero già cliente di Getinnow. Con 5 euro di addebito immediato. E la disavventura non era finita qui: con quell’addebito il mio credito telefonico è passato in negativo, a –0,67 euro, per cui la Tim, di cui sono cliente, mi ha subito bloccato il telefono, per offrirmi al primo tentativo di chiamata, 5 euro di credito pagandone 1,5 in più, alla prima ricarica (il 30%, tasso super-usuraio per pochi giorni!). Da notare che il contratto per 20 giorni di servizio prevede l’addebito anticipato, e l’avevo appena effettuato in data 31 agosto. Mi chiedo: sarà tutto legale? Sono meravigliato che l’Ansa, agenzia autorevole di cui vi so associati, si presti a queste “pubblicità-azzardo”, e ancor più che la Tim abbia bloccato immediatamente, di domenica pomeriggio, con i tabaccai chiusi, telefonate, messaggi e traffico (non si potrebbe chiedere un danno per interruzione di un servizio già pagato in anticipo?). Spero che l’Adiconsum o un’altra associazione di consumatori possa intervenire, non solo per avere il rimborso dei 5 euro addebitati con palese inganno, ma per far eliminare dalla Tim il blocco del telefono se il credito si azzera, per un servizio già prepagato, ma soprattutto scrivo per evitare che altri (penso soprattutto ad anziani e ragazzi) siano truffati senza poter reagire, per timore di apparire a figli o genitori, degli sprovveduti. Capirà se proprio per questo motivo le chiedo di non firmare questa lettera. La saluto con stima, da fedele abbonato.
Gentile abbonato, purtroppo non è il solo a essere incappato in questo tipo di disavventure digitali: riceviamo numerosissime segnalazioni di utenti letteralmente “raggirati” dal meccanismo dei banner con abbonamento nascosto dietro (o dentro) un clic. Codesti banner compaiono su diversi siti informativi, ai quali non sono però ascrivibili: sono in realtà proposte di “contenuti civetta” realizzati da società terze, spesso sub-sub-sub fornitrici dei servizi pubblicitari, cui però gli operatori telefonici, tutti, consentono di addebitare i costi dell’abbonamento ai propri clienti. L’Antitrust ha per altro già sanzionato le compagnie (il Codice del consumo prevede infatti che il cliente sia informato dell’offerta a pagamento prima di sottoscriverla) obbligandole almeno a rendere più visibili i “punti” in cui, cliccando, si attiva l’abbonamento. Ma non è bastato: le associazioni dei consumatori continuano a ricevere centinaia di segnalazioni di questo tipo, con banner sempre più sofisticati e in grado di ingannare l’utente. La prima cosa da fare, quando ci si imbatte in una simile “truffa”, è chiedere il cosiddetto “barring totale” (lo sbarramento verso servizi terzi a pagamento), chiamando il proprio operatore, nel suo caso Tim (119); la seconda, per avere un rimborso, è quella di rivolgersi nuovamente al proprio operatore attraverso il servizio clienti: ogni compagnia prevede dei tempi massimi entro i quali chiedere il rimborso (12 giorni per Tim). Se la richiesta non va a buon fine, suggeriscono le associazioni dei consumatori, ci si può rivolgere al Comitato regionale per le telecomunicazioni. In ogni caso – e in attesa di misure più stringenti da parte dell’Antitrust – il tutto si traduce in una gran perdita di tempo. Ricambio, anche a nome del direttore, il suo cordiale saluto.