Ciò che le grandi Mani di Quinn possono dire ancora a Venezia
Caro direttore,
come tantissimi altri veneziani, mestrini e amanti di Venezia, sono letteralmente sbalordito dalla decisione della Sovrintendenza di far segare le due enormi mani bianche che da due anni escono dal Canal Grande a sostegno di uno dei tanti bellissimi palazzi che lo affiancano. La Biennale ha fatto molto bene a collocare quella installazione artistica là e non ho mai sentito nessuno (giuro, nessuno) che se ne sia lamentato, a differenza di altre, in punta della Salute o all’isola di san Giorgio, che sono state eliminate proprio per la pressante richiesta di abitanti e critici d’arte che le ritenevano del tutto fuori luogo, se non proprio brutte. Stiamo parlando della stessa Soprintendenza che, qualche anno fa, ha permesso l’edificazione dell’orrendo albergo cubico all’entrata della città, in Piazzale Roma sul Canal Grande… Mah! Stavolta, è in tempo per riparare il torto.
Penso da sempre che ognuno debba fare responsabilmente il proprio mestiere, e a proposito della permanenza o meno di un’opera artistica in un contesto architettonico preesistente e di straordinario valore come quello veneziano non pretendo certo di capire di più e meglio degli esperti della Sovrintendenza. Tuttavia condivido il cuore della protesta e della proposta a cui lei, gentile professor Boato, dà voce con la passione che molti conoscono e le riconoscono. Trovo anch’io che se 'Support', la straordinaria installazione di Lorenzo Quinn, quelle due enormi mani che sostengono e rimettono a posto Ca’ Sagredo e idealmente l’intera cittàgemma incastonata nella sua laguna, rimanesse lì dove è stata posta, o comunque a Venezia, sarebbe una scelta intelligente. Quando un’opera d’arte interpreta non solo la bellezza, ma il tempo che viviamo e la grande sfida le- gata alla vita presente e alla vitalità futura di un tessuto urbano unico lasciare che 'emigri' e che la sua memoria diventi solo fotografica e digitale è semplicemente una rinuncia e uno sciupio.