Opinioni

Riecco quelli che «la Chiesa non paga» Un parroco agita le ricevute. Per tanti...

Marco Tarquinio sabato 17 settembre 2016
Gentile direttore,
sono parroco di una delle tante Parrocchie di Milano. La stampa e la tv “laica” hanno fatto titoli e dato spazio alla sentenza del Tribunale dell’Unione Europea che, testuale secondo articoli e servizi, «dichiara leciti i benefici alla Chiesa» sugli immobili, parlando di «regalìe» e di un danno ai Comuni di circa un miliardo all’anno per almeno quattro anni. Siccome nel periodo incriminato la mia Parrocchia ha pagato regolarmente la tassa sugli immobili di proprietà per circa 45mila euro all’anno (in pratica più di tutte le offerte che raccolgo nell’arco di dodici mesi in Chiesa!), le chiedo: o il Comune di Milano mi restituisce i soldi che, dunque, ho “indebitamente versato”, oppure i giornali scrivono falsità e devono rettificare. In entrambi i casi: chi ci tutela?
don Paolo Zago


Dovrebbe essere una corretta informazione a tutelare ogni cittadino, parroci compresi, da addebiti infondati che si traducono in caricature ingiuste e feroci. E invece, gentile e caro don Paolo, anche stavolta siamo costretti – io con particolare amarezza, visto il mestiere che faccio e le tante volte che sono intervenuto sull’argomento – a registrare che l’informazione data agli italiani sulla sentenza in tema di Ici-Imu del Tribunale Ue che ha rigettato il ricorso di una scuola privata romana appoggiata e sostenuta dai Radicali è stata un’informazione scorretta e manipolata. Manipolata perché allineata, in origine, a una “velina” di partito, e dunque “di regime” – come era solito denunciare, ironia della sorte, proprio Marco Pannella. Ovvero con elementi piegati ai comodi propagandistici di una parte, sino – altro copyright pannelliano – al «furto di verità». Come altro definire il risultato di notizie sulla decisione del Tribunale Ue che sono state “tagliate” e deformate sulla base della versione data dai ricorrenti che le hanno rese note, orientando la scrittura di redattori superficiali, sintonici o compiacenti? Cito solo le prime righe del dispaccio dell’Ansa sulla questione diramato alle 19.52 di giovedì: «Bruxelles, 15 settembre – La Chiesa riesce a “farla franca” un’altra volta sulla vecchia Ici, e ad evitare di pagare gli “arretrati” allo Stato italiano. La conferma viene dal Tribunale Ue, che ha respinto il ricorso presentato…». Ha capito? La principale agenzia di informazione del nostro Paese, una splendida realtà di cui – pensi un po’ – anche il giornale che dirigo è “socio”, e di cui io da giornalista italiano sono sempre stato fiero, capovolge i fatti e presenta la notizia della bocciatura giudiziaria di un ricorso come una “regalo” alla Chiesa che – testuale – «riesce a farla franca». Da non crederci. E questo modo di disinformare ha dato il là ad articoli e titoli di diversi altri giornali, anche di alcuni (“Il Corriere della sera” e “il Sole 24 ore”) che da qualche tempo avevano preso a informare con precisione di termini e di contesto su tali questioni. Ha invece preso piede la solita menzogna di base. Quale? Come i cittadini lettori ben informati sanno e come un cronista che affronta la materia dovrebbe sapere, in Italia non c’è mai stato un regime fiscale ad Ecclesiam, cioè speciale per gli immobili della Chiesa cattolica, ma c’è stato e c’è un sistema di ragionate agevolazioni per gli edifici di culto di tutte le confessioni religiose che hanno intese con lo Stato, per gli immobili tutti gli enti senza fini di lucro, religiosi e laici (dagli oratori ai circoli Arci e alle società di mutuo soccorso, per intenderci), e a certe condizioni (rette entro precisi limiti di legge) per le scuole da chiunque istituite. Si tratta di un sistema che ha subito successive correzioni, tant’è che la normativa in materia è stata resa sempre più restrittiva di concerto con una Ue che non conosce le ricchezza di realtà non profit propria dell’Italia e mette “in concorrenza” con i ristoranti persino le mense per i poveri... Eppure il ricorso perdente è stato presentato nella “velina” e, quindi, sulle pagine di diversi giornali (stavolta, purtroppo, con la sola eccezione di questo) come un’azione contro i benefici per i «beni ecclesiastici», anzi addirittura per gli immobili «del Vaticano». E questa è la prima, ritornante e grossolana falsificazione. La seconda falsificazione è quella per cui tutti gli immobili riconducibili alla Chiesa vengono indicati come sempre esenti da tasse e tributi. Non è e non è mai stato così. Gli immobili (o le porzioni di essi) affittati oppure usati per attività commerciali pagano, pagano eccome. Lei lo rivendica, caro don Paolo. E i lettori ricorderanno che sulle pagine di “Avvenire” per anni, durante la tambureggiante campagna denigratoria condotta da esponenti radicali, abbiamo pubblicato a ripetizione i bollettini dei pagamenti Ici-Imu effettuati da Parrocchie e Diocesi e Case religiose di volta in volta ingiustamente investite dell’accusa di «non pagare» su edifici che avrebbero dovuto farlo. Sono stati sfortunati gli accusatori? No, la verità è che le tasse pagate sono tante e su tanti beni che pure non vengono mai usati a fini solo privati. Ci sono o ci sono stati soggetti che hanno goduto male o senza diritto del beneficio che è concesso a precise condizioni a enti laici e religiosi? Si tratta di abusi, di evasioni o di elusioni fiscali che vanno perseguiti e sanati, non di “privilegi” come abbiamo scritto più volte e con tutta la chiarezza necessaria. Così come abbiamo scritto, e documentato, che ci sono però anche Parrocchie e Diocesi e Case religiose che si ritrovano a pagare oggi l’Imu (e ieri l’Ici), e la pagano in moneta sonante, persino su edifici o porzioni di edifici dati in comodato gratuito (gra-tui-to!) ad associazioni di beneficenza e a enti pubblici per usi scolastici o assistenziali... Insomma, la sua indignazione e la sua amara ironia, caro don Paolo, sono pienamente giustificate. E interpretano la fedeltà al Vangelo e ai doveri (anche grevi) di cittadinanza, lo so, di tanti e tanti buoni e pazienti preti, religiose e religiosi di questo nostro Paese. Non so dirle quando finirà questa deformante informazione “di regime”, ma so e non mi stanco di ripetere che copre di vergogna chi la fa. E infanga chi in un Paese civile come l’Italia meriterebbe se non dei grazie, almeno un po’ di rispetto.