Opinioni

Analisi. Il Papa, i migranti e noi cristiani “normali”. Adesso chiediamoci dove siamo

Marina Corradi giovedì 29 agosto 2024

La disperazione dei migranti rinchiusi nei centri di detenzione libici

Era previsto che parlasse d’altro. Ma si è affacciato su piazza San Pietro, sulla folla dell’Udienza, avendo addosso qualcosa di urgente da dire. Da dire ancora. L’ha già detto molte volte, e in molti modi. Ma ieri, si direbbe, era un dolore opprimente. «Oggi voglio soffermarmi su questo dolore», ha esordito. «Desidero fermarmi con voi a pensare alle persone che – anche in questo momento – stanno attraversando mari e deserti per raggiungere una terra dove vivere in pace».

«Rotte di disperata speranza», le ha chiamate il Papa: mare, deserto, Balcani. Le strade per la fortezza Europa, per il nostro mondo: lungo le quali si annega, o si resta nella sabbia. Morti invisibili. Francesco ricorda la foto di Fati e Marie, mamma e bambina uccise dalla sete alla frontiera della Libia, un anno fa. Se cercate sul web quella foto, la trovate offuscata. In un mondo in cui si vede tutto, dai satelliti, dai droni, dai video sulle chat, quell’ immagine risulta inguardabile. Meglio non guardarla, se non vuoi rovinarti la giornata. Così sui siti, con inconsueta educazione, ti chiedono: vuoi guardare, davvero? Clicchi ancora, ecco la giovane donna e sua figlia a terra, abbracciate, nel deserto. Respinte. E non certo solo loro. L’altro giorno un ministro quantificava il calo dei migranti entrati in Italia dal Mediterraneo: 25mila nel 2024 fino a giugno, contro i 65mila del 2023 nello stesso periodo. E quelli che non sono arrivati? mi sono chiesta - un po’ distrattamente, però. Davvero non sono partiti? O si sono messi in viaggio e, a una barriera di filo spinato, hanno dovuto fermarsi? E dove sono ora, se non in quei centri in Libia che sono peggio di prigioni? E quelli, invece, che riescono a mettersi in mare?

Quanti vanno a fondo nel silenzio assoluto? La nave “Mare Jonio” dell’ong Mediterranea ha appena soccorso 182 persone in tre operazioni nel tratto di mare compreso fra la Sicilia e il Nord Africa. La “Geo Barents” di Médecins Sans Frontières è approdata a Salerno l’altro giorno con 191 naufraghi, reduci da diversi naufragi. 191 vite. Ora la nave è sotto sequestro: 3.300 euro di multa per non avere segnalato gli interventi. E potrebbe essere definitivamente sequestrata. L’ ho ascoltato in tv, una notizia fra le altre. Poi ho pensato a quelli che la Geo Barents non salverà. Poi, ho pensato ad altro.

Nel Mediterraneo si accavallano le rotte: navi da crociera e navi da guerra, barche di disgraziati, yacht di lusso. I poveretti del “Bayesian” li hanno almeno recuperati. Gli altri, a migliaia, restano per sempre là sotto. Lo splendido Mediterraneo è anche una tomba, ma ben difficilmente, sulle sue spiagge, ce ne ricordiamo. Due mondi, come paralleli e incomunicabili: il “loro” e il nostro.
Forse anche per questo ieri il Papa ha sentito l’urgenza di quelle parole? Con toni gravi, che non usa spesso: «Bisogna dirlo con chiarezza: c’è chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti. E questo, quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave».

Un peccato grave. Espressione quasi inconsueta: nemmeno nelle chiese la si sente più pronunciare spesso. Come se niente ormai fosse più “peccato”. Invece, il respingimento dei migranti è un “peccato grave”. Più chiaro di così. Nelle ore in cui la nave di una Ong è ferma in un porto italiano, colpevole di avere salvato 191 uomini.

E noi? Noi cristiani “normali”, che facciamo? «Quello che uccide i migranti è la nostra indifferenza», ha detto Francesco. Allora ho pensato a quante notizie, date senza troppa sottolineatura, ci scorrono addosso. Non vediamo, e ciò che non è visibile oggi non esiste. Oppure siamo di quelli che “aiutiamoli a casa loro” - anche se la loro casa è distrutta. O, addirittura, “quelli”, diversi da noi, proprio non li vogliamo. Nemmeno dentro a una crisi demografica tale che, per sopravvivere come Paese, ne abbiamo bisogno.
Vie di accesso sicure e regolari, chiede il Papa, una governance globale delle migrazioni - e qui parla a tutto l’Occidente. Nella densa distrazione dell’agosto, almeno una voce forte ammonisce: non guardate altrove. Infine, come cercando gli occhi di ciascuno di noi: «E a voi domando: voi pregate per i migranti, per questi che vengono nelle nostre terre per salvare la vita?».
Già non sono molti, quelli che ancora pregano. Ma è più facile pregare per chi ci è caro. Voi pregate per i migranti? chiede Francesco. Per questa mole di sofferenza e morte, taciuta. Per chi cade sfinito con un figlio, nel deserto. Per chi si mette in mare con un neonato fra le braccia, di nascosto, di notte - che follia, pare a noi. Per quelli delle rotte “di disperata speranza”, invisibili. Non soli però, assicura Francesco: Dio stesso attraversa il mare e il deserto, Dio è con loro, soffre con loro, piange e spera con loro. Dio è con loro, dunque. Chiediamoci dove siamo noi.